terapia intensiva covid policlinico di bari
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Cronaca

Bari, pronto soccorso in affanno. Pazienti nei corridoi o in stanze di fortuna

La denuncia di Cobas, al Policlinico la situazione sembra stia diventando ingestibile

I casi di Coronavirus stanno aumentando in tutta l'area metropolitana di Bari. E, stando a quanto denuncia Cobas, il pronto soccorso del Policlinico di Bari starebbe iniziando ad essere in difficoltà.

«L'incremento esponenziale del numero di accessi dei pazienti sintomatici per Covid - scrivono - ha reso necessaria una nuova riformulazione delle aree di assistenza del Pronto Soccorso. Sempre più aree (vedi ex area rossa) vengono riconvertite in aree di degenza per i pazienti affetti da Sars Cov2, ventilati e non, che da giorni attendono il ricovero presso reparti di degenza ormai saturi. Questi spazi, tuttavia, seppur necessari a fronteggiare l'aumento degli afflussi, non risultano idonei a tale riconversione, poiché sprovvisti non solo di elementi basilari, quali bagni per pazienti, ma anche di elementi essenziali a garantire la sicurezza di quei lavoratori che, da oltre un anno, lottano contro il virus».

«Non gode di condizioni migliori - aggiungono - anche la cosiddetta "area grigia" del Pronto Soccorso, ovvero l'area dove afferiscono i pazienti che presentano sintomatologia compatibile con un'infezione da Sars Cov2. Tale area, costituita da un corridoio dal quale si snodano 8 stanze degenza atte ad ospitare un totale di circa 14 posti letto, da alcune settimane ospita ormai non meno di 20 pazienti fino a raggiungere, soprattutto negli ultimi giorni, picchi di 30 ed oltre. Succede dunque che molti pazienti si ritrovino a ricevere assistenza nei corridoi o in stanze di fortuna come depositi o vano ascensore, e che, non di rado, condividano tali spazi ristretti con altri pazienti, cosicché può capitare che una persona in attesa dell'esito del tampone si ritrovi fianco a fianco con un'altra persona che successivamente si rivelerà positiva».

«Sta avvenendo anche - concludono - che ci si ritrovi a dover assistere pazienti con gravi crisi respiratorie in aree sprovviste anche dei più elementari erogatori dell'ossigeno. A tutto ciò si aggiungono altre questioni che colpiscono direttamente le lavoratrici e i lavoratori, che la retorica dell'emergenza, usata dai vari politici e pompata dai giornali, definiva e continua a definire "eroi in prima linea". Eroi si, ma sacrificabili. Infatti, pur gestendo pazienti che in realtà troverebbero la loro giusta allocazione all'interno di reparti di terapia intensiva, non percepiscono alcuna indennità da semi-intensiva, cosi come non percepiscono i cosiddetti buoni pasto riconosciuti per legge e, come se non bastasse, il cosiddetto "premio Covid", tanto sbandierato dalla dirigenza circa 8 mesi fa e riservato a quei lavoratori che hanno prestato servizio in aree Covid, non ha mai visto la sua completa erogazione: tale premio, infatti, è stato erogato solo per il 40% circa, poco più di 200 euro netti».
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