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Cronaca
Sgomberati a Bari vecchia tre appartamenti dei clan
Le case in via Tancredi erano occupate illegittimamente: sono tornate al Comune. Momenti di tensione
Bari - mercoledì 9 luglio 2025
23.53
Tre appartamenti comunali occupati illegittimamente da persone ritenute vicine alla criminalità locale: è quello che è stato scoperto questa mattina a Bari, sulle vecchie basole della città vecchia, dove insieme a orecchiette, case destinate agli affitti brevi e frotte di turisti, sono stati definitivamente sgomberati tre alloggi.
Erano occupati dai coniugi baresi Francesco Martiradonna, di 68 anni, e Nicoletta De Benedictis, di 66 anni, quest'ultima condannata in via definitiva per i reati di associazione mafiosa e di usura. L'operazione ha interessato tre immobili, nell'ambito di un'operazione che ha riguardato un intero stabile situato nel cuore di Bari vecchia, in via Tancredi, enclave del clan Capriati, già confiscato dal Tribunale del capoluogo pugliese a uomini ritenuti vicini alla criminalità organizzata barese.
Gli sgomberi, avvenuti in contemporanea, hanno visto impegnati i Carabinieri, la Polizia di Stato, Polizia Locale, Vigili del Fuoco, oltre al personale del Comune di Bari, coordinati dalla Prefettura di Bari, e non sono mancati momenti di tensione. Nel mirino le stesse persone già conosciute nelle carte processuali sul clan del boss Antonio Capriati, in carcere dal 1991, che, negli anni, ha preso il controllo incontrastato sul borgo antico, pure dopo la sanguinosa faida con gli Strisciuglio.
Una faida in cui rimase ucciso per errore il 16enne Michele Fazio, colpito dai proiettili mentre tornava a casa la sera del 12 luglio 2001. Nicoletta De Benedictis, in particolare, era una delle «sorelle dell'usura» (in quattro, ritennero all'epoca gli inquirenti, avevano "ereditato" l'attività di usura dalla madre e l'avevano sviluppata adeguandola alle dinamiche e alle necessità del clan Capriati), condannata per i reati di associazione mafiosa e usura con sentenza ormai passata in giudicato.
Alla famiglia De Benedictis si rivolgevano le famiglie della città vecchia in stato di bisogno o i titolari di negozi per avere denaro in prestito. Al prestito venivano applicati interessi usurari notevoli: è stato calcolato che su base annua potevano essere imposti interessi anche superiori al 300%. Dal 2011, dopo gli arresti e la condanna della Cassazione, è stata etichettata mafiosa: si trattò della prima volta che le mogli dei boss baresi venissero condannate per associazione mafiosa.
Il via libera agli sgomberi è arrivato dopo una riunione della cabina di regia svoltasi in Prefettura a Bari, a quattro mesi da altri sgomberi. L'intero stabile è tornato nella disponibilità del Comune che lo destinerà a scopi sociali: a Bari, infatti, risultano ancora svariati immobili da sgomberare perché nella medesima situazione.
Erano occupati dai coniugi baresi Francesco Martiradonna, di 68 anni, e Nicoletta De Benedictis, di 66 anni, quest'ultima condannata in via definitiva per i reati di associazione mafiosa e di usura. L'operazione ha interessato tre immobili, nell'ambito di un'operazione che ha riguardato un intero stabile situato nel cuore di Bari vecchia, in via Tancredi, enclave del clan Capriati, già confiscato dal Tribunale del capoluogo pugliese a uomini ritenuti vicini alla criminalità organizzata barese.
Gli sgomberi, avvenuti in contemporanea, hanno visto impegnati i Carabinieri, la Polizia di Stato, Polizia Locale, Vigili del Fuoco, oltre al personale del Comune di Bari, coordinati dalla Prefettura di Bari, e non sono mancati momenti di tensione. Nel mirino le stesse persone già conosciute nelle carte processuali sul clan del boss Antonio Capriati, in carcere dal 1991, che, negli anni, ha preso il controllo incontrastato sul borgo antico, pure dopo la sanguinosa faida con gli Strisciuglio.
Una faida in cui rimase ucciso per errore il 16enne Michele Fazio, colpito dai proiettili mentre tornava a casa la sera del 12 luglio 2001. Nicoletta De Benedictis, in particolare, era una delle «sorelle dell'usura» (in quattro, ritennero all'epoca gli inquirenti, avevano "ereditato" l'attività di usura dalla madre e l'avevano sviluppata adeguandola alle dinamiche e alle necessità del clan Capriati), condannata per i reati di associazione mafiosa e usura con sentenza ormai passata in giudicato.
Alla famiglia De Benedictis si rivolgevano le famiglie della città vecchia in stato di bisogno o i titolari di negozi per avere denaro in prestito. Al prestito venivano applicati interessi usurari notevoli: è stato calcolato che su base annua potevano essere imposti interessi anche superiori al 300%. Dal 2011, dopo gli arresti e la condanna della Cassazione, è stata etichettata mafiosa: si trattò della prima volta che le mogli dei boss baresi venissero condannate per associazione mafiosa.
Il via libera agli sgomberi è arrivato dopo una riunione della cabina di regia svoltasi in Prefettura a Bari, a quattro mesi da altri sgomberi. L'intero stabile è tornato nella disponibilità del Comune che lo destinerà a scopi sociali: a Bari, infatti, risultano ancora svariati immobili da sgomberare perché nella medesima situazione.