
Attualità
Librerie uniche attività a riaprire col lock down, a Bari si infiamma il dibattito
Qualcuno scrive a Decaro, altri preferiscono che la gestione rimanga nazionale. E molti si chiedono come le grandi gestiranno l'afflusso
Bari - sabato 11 aprile 2020
Da martedì sarà possibile uscire a Bari, e in caso di controllo presentare un'autocertificazione in cui si attesta che l'uscita è ritenuta necessaria per andare in libreria. Il premier Conte, in conferenza stampa ieri sera, ha spiegato che nel nuovo decreto, infatti, se il lock down è prorogato al prossimo 3 maggio, questo non vale per tutti. Infatti, le librerie e le cartolibrerie potranno riaprire. Ma se le cartolibrerie, con le scuole chiuse e la didattica a distanza obbligatoria, diventano essenziali per gli studenti, le librerie rimangono in qualche modo "superflue".
Non tutti, proprio per questo motivo, sono d'accordo con la decisione del Governo. A Bari, quando ancora la notizia era solo nell'aria, la libreria del quartiere Madonnella, Prinz Zaum, ha scritto una lettera a Decaro, in qualità di presidente Anci, in cui si sottolinea che: «Mentre sono ancora in vigore i decreti che impediscono gli spostamenti se non per necessità impellenti, da martedì si chiederebbe a noi lavoratori e ai nostri fruitori di tornare a muoverci per le vie di Bari per raggiungere le nostre librerie. I nostri amici che volessero venire in libreria cosa dovrebbero scrivere sull'autocertificazione? Impellente bisogno di Camus? Inderogabile bisogno di Hegel? A quanti metri dovrebbero abitare quelli che ci vengono a trovare?»
«Noi non abbiamo mai smesso di fare cultura - sottolineano - abbiamo continuato a dialogare con la nostra comunità di lettori attivando tutti i mezzi a nostra disposizione, abbiamo continuato a lavorare senza alcuna certezza di sostegno economico, ma non abbiamo intenzione di esporci al solo scopo di fingere una ripresa culturale delle anime che ci potrà essere davvero solo quando sarà possibile la messa in sicurezza di tutti i corpi».
Un punto di vista in qualche modo condiviso dall'assessore alla Cultura di Bari, Ines Pierucci, che proviene proprio dal mondo dell'editoria e dei libri, che rispondendo proprio a quella lettera scrive di aver già sottolineato la sua: «Perplessità rispetto alla opportunità della riapertura, riconoscendo i luoghi della cultura quali sono le librerie, distintamente dagli altri negozi, esattamente come avete dichiarato. Senza nessuna retorica sui libri a cui riconosciamo tutti il potere salvifico, sopratutto in questo momento, ci troviamo di fronte ad esigenze diverse come quelle di cui parliamo ogni giorno, così come a delle opportunità, purché vengano associate a dei punti fermi che garantiscano sicurezza. La chiarezza dell'eventuale deroga potrà permettervi di scegliere, esattamente com'è successo finora, rispetto ad altri esercizi commerciali diversi dalle librerie ma senza alternative».
Dubbi condivisi anche da Filcams Cgil che in una nota sottolinea che: «Le librerie non sono un simbolo ma un luogo fisico, in cui operano lavoratrici e lavoratori, in cui sostano i clienti. Spesso ubicate in centri storici o centri commerciali, le librerie non sono negozi di prossimità in cui andare facendo poche centinaia di metri a piedi. Saremmo tutti felici di poterci tornare e i librai sarebbero felicissimi di tornare al proprio lavoro. Ma è questo il momento? Ci sono le condizioni per riaprire?».
Ma non tutti, pur condividendo i dubbi, sono d'accordo con questo punto di vista, e soprattutto con la possibilità che siano i sindaci, a questo punto, a creare ordinanze ad hoc che vadano a gestire il settore, creando magari solo confusione invece di regolamentare la situazione. «O la cosa è gestita a livello nazionale - spiega Corrado Cafagna della fumetteria Neverland - o per realtà come le nostre perdere le uscite significa perdere la clientela e la seguente chiusura. O si chiude tutti, con blocco relativo della distribuzione, o si apre. E col permesso per le persone di passare ad acquistare, nel rispetto delle disposizioni di sicurezza che valgono per le altre attività».
E c'è anche chi sposta l'attenzione su un altro livello del discorso, andando a rimarcare il motivo che dovrebbe esserci dietro questa decisione del Governo di riaprire, ovvero la retorica per cui il libro sia, in questo momento storico più che in altri, "cibo per l'anima". Così via Facebook è possibile leggere le legittime domande che si pone Cesare Veronico: «Perché le librerie aperte e i negozi di dischi chiusi? La lettura massaggia l'anima più della musica? O peggio ancora, nei negozi di dischi ci si accalca più che nelle librerie? Perché in Italia la musica è considerata retrovia? Perché?». E le stesse domande si potrebbero fare per altri ambiti artistici.
Senza considerare che la riapertura delle grandi librerie potrebbe dare il là a tutti quegli assembramenti di ragazzi, tanto criticati appena chiusa la scuola, quando i negozi erano ancora aperti. Ora tali assembramenti in fila davanti ad una libreria, in attesa dell'ingresso contingentato, non solo non si potrebbero criticare, ma sarebbero "previsti da DPCM".
Non tutti, proprio per questo motivo, sono d'accordo con la decisione del Governo. A Bari, quando ancora la notizia era solo nell'aria, la libreria del quartiere Madonnella, Prinz Zaum, ha scritto una lettera a Decaro, in qualità di presidente Anci, in cui si sottolinea che: «Mentre sono ancora in vigore i decreti che impediscono gli spostamenti se non per necessità impellenti, da martedì si chiederebbe a noi lavoratori e ai nostri fruitori di tornare a muoverci per le vie di Bari per raggiungere le nostre librerie. I nostri amici che volessero venire in libreria cosa dovrebbero scrivere sull'autocertificazione? Impellente bisogno di Camus? Inderogabile bisogno di Hegel? A quanti metri dovrebbero abitare quelli che ci vengono a trovare?»
«Noi non abbiamo mai smesso di fare cultura - sottolineano - abbiamo continuato a dialogare con la nostra comunità di lettori attivando tutti i mezzi a nostra disposizione, abbiamo continuato a lavorare senza alcuna certezza di sostegno economico, ma non abbiamo intenzione di esporci al solo scopo di fingere una ripresa culturale delle anime che ci potrà essere davvero solo quando sarà possibile la messa in sicurezza di tutti i corpi».
Un punto di vista in qualche modo condiviso dall'assessore alla Cultura di Bari, Ines Pierucci, che proviene proprio dal mondo dell'editoria e dei libri, che rispondendo proprio a quella lettera scrive di aver già sottolineato la sua: «Perplessità rispetto alla opportunità della riapertura, riconoscendo i luoghi della cultura quali sono le librerie, distintamente dagli altri negozi, esattamente come avete dichiarato. Senza nessuna retorica sui libri a cui riconosciamo tutti il potere salvifico, sopratutto in questo momento, ci troviamo di fronte ad esigenze diverse come quelle di cui parliamo ogni giorno, così come a delle opportunità, purché vengano associate a dei punti fermi che garantiscano sicurezza. La chiarezza dell'eventuale deroga potrà permettervi di scegliere, esattamente com'è successo finora, rispetto ad altri esercizi commerciali diversi dalle librerie ma senza alternative».
Dubbi condivisi anche da Filcams Cgil che in una nota sottolinea che: «Le librerie non sono un simbolo ma un luogo fisico, in cui operano lavoratrici e lavoratori, in cui sostano i clienti. Spesso ubicate in centri storici o centri commerciali, le librerie non sono negozi di prossimità in cui andare facendo poche centinaia di metri a piedi. Saremmo tutti felici di poterci tornare e i librai sarebbero felicissimi di tornare al proprio lavoro. Ma è questo il momento? Ci sono le condizioni per riaprire?».
Ma non tutti, pur condividendo i dubbi, sono d'accordo con questo punto di vista, e soprattutto con la possibilità che siano i sindaci, a questo punto, a creare ordinanze ad hoc che vadano a gestire il settore, creando magari solo confusione invece di regolamentare la situazione. «O la cosa è gestita a livello nazionale - spiega Corrado Cafagna della fumetteria Neverland - o per realtà come le nostre perdere le uscite significa perdere la clientela e la seguente chiusura. O si chiude tutti, con blocco relativo della distribuzione, o si apre. E col permesso per le persone di passare ad acquistare, nel rispetto delle disposizioni di sicurezza che valgono per le altre attività».
E c'è anche chi sposta l'attenzione su un altro livello del discorso, andando a rimarcare il motivo che dovrebbe esserci dietro questa decisione del Governo di riaprire, ovvero la retorica per cui il libro sia, in questo momento storico più che in altri, "cibo per l'anima". Così via Facebook è possibile leggere le legittime domande che si pone Cesare Veronico: «Perché le librerie aperte e i negozi di dischi chiusi? La lettura massaggia l'anima più della musica? O peggio ancora, nei negozi di dischi ci si accalca più che nelle librerie? Perché in Italia la musica è considerata retrovia? Perché?». E le stesse domande si potrebbero fare per altri ambiti artistici.
Senza considerare che la riapertura delle grandi librerie potrebbe dare il là a tutti quegli assembramenti di ragazzi, tanto criticati appena chiusa la scuola, quando i negozi erano ancora aperti. Ora tali assembramenti in fila davanti ad una libreria, in attesa dell'ingresso contingentato, non solo non si potrebbero criticare, ma sarebbero "previsti da DPCM".

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