
Territorio
Ingegneria Geotecnica, Scuola Internazionale ''Olek ZienKievicz'' al Poliba
Studenti di dottorato approfondiscono il comportamento dei terreni
Bari - venerdì 9 novembre 2018
11.09
Nello scenario dell'equilibrio idrologico del nostro Paese sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici. Al Politecnico, grazie alla presenza della Scuola Internazionale di Dottorato ''Olek ZienKievicz'', alla sua decima edizione, in questa settimana si è discusso sui cambiamenti geologici ed i comportamenti geotecnici dei terreni argillosi, naturali e compatti, esaminati negli ultimi anni. La scuola si rivolge in particolare alla formazione di giovani che vogliono fare ricerca e si svolge annualmente nel contesto di ALERT GEOMATERIALS (Alliance of Laboratories in Europe for Education, Research and Technology). È una organizzazione internazionale con laboratori scientifici di oltre trenta prestigiose università europee. Provenienti da tutto il mondo, sono 40 i partecipanti di questa edizione che si conclude proprio oggi. «Io sono ancora studentessa di dottorato al secondo anno. Studio a Londra, all'Imperial College ed in particolare sto affrontando uno studio numerico delle argille - spiega Sara Bandiera - Sono italiana ed ho studiato in Italia. A Londra certamente ci sono più risorse dal punto di vista della ricerca, però comunque anche qui ho visto che sono molto bene organizzati».
L'iniziativa è stata coordinata ed organizzata dal Gruppo Geotecnico del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale, del Territorio, Edile e di Chimica (DICATECh) del Politecnico di Bari, con la collaborazione dell'Università Politecnica di Catalogna (Barcellona). «Noi facciamo ricerca di frontiera sul tema e in particolare in questo caso sulla meccanica degli argille - spiega Federica Cotecchia del Politecnico di Bari (DICATECh) - che sono i litotipi più deboli negli ammassi e che spesso quando presenti, controllano la stabilità o meglio l'instabilità degli amassi. E queste conoscenze dovrebbero avere una immediata ricaduta applicativa. Lavorando in maniera sistematica, i problemi di questo paese, anche del dissesto idrogeologico, si potrebbero mitigare. Ma la connessione con il istituzioni e l'osmosi con la società civile, relativamente a queste conoscenze, è ancora a mio parere molto indietro. Le conoscenze scientifiche ci sono, ma non vengono contemplate. Si auspica un maggiore interesse e una maniera più definita delle strategie sistematiche di interlocuzione anche per far avanzare la formazione delle persone che lavorano nelle istituzioni perché la scienza va avanti, sempre e con nuovi risultati. E quindi potrebbe dare tanto lavoro ai nostri giovani laureati che hanno un livello di formazione esperta».
C'è un interesse al tema e questo permette di produrre buona scienza anche da noi nel meridione. Su questi terreni in tutto il nostro Paese spesso ci sono costruzioni civili e pubbliche che sono sempre di più a rischio, perché le attuali tipologie di precipitazioni, generate dai mutamenti climatici, mettono in crisi i nostri territori.
Secondo i ricercatori del Politecnico le infrastrutture attuali sono state progettate su "curve di pioggia", derivanti delle rilevazioni storiche delle stazioni pluviometriche, con valori decisamente diversi rispetto agli attuali. E per questo non si riesce più a smaltire efficacemente grandi portate di acqua piovana che allaga e si infiltra in zone non previste provocando gravi disagi.
«Questi eventi impongono un ripensamento di tutto il sistema di captazione e scorrimento superficiale delle acque meteoriche - spiega l'ing. Riccardo Amirante Professore Ordinario di macchine e sistemi per l'energia e l'ambiente - sia per il territorio che per le strutture civili. Questo si traduce in una necessità di riprogettare i sistemi di smaltimento delle acque, sia a livello urbano, con aggiornamenti della cosiddetta fogna bianca, sia degli edifici che ovviamente hanno sistemi di raccolta e confluenza delle acque, dimensionati su dati storici. Negli ultimi anni infatti le curve di pioggia, alla base dei calcoli progettuali di tali infrastrutture, hanno subito un rapido mutamento, e analizzandole oggi le redi di deflusso attualmente in esercizio, si scopre che esse sono di fatto ormai sottodimensionate. La responsabilità è anche dei fenomeni di antropizzazione indiscriminata, dell'eccessivo consumo di suolo, della sua impermeabilizzazione. Questo è alla base di alcuni eventi che, con una frequenza maggiore rispetto al passato, si verificano e creano dei problemi alle strutture».
L'iniziativa è stata coordinata ed organizzata dal Gruppo Geotecnico del Dipartimento di Ingegneria Civile, Ambientale, del Territorio, Edile e di Chimica (DICATECh) del Politecnico di Bari, con la collaborazione dell'Università Politecnica di Catalogna (Barcellona). «Noi facciamo ricerca di frontiera sul tema e in particolare in questo caso sulla meccanica degli argille - spiega Federica Cotecchia del Politecnico di Bari (DICATECh) - che sono i litotipi più deboli negli ammassi e che spesso quando presenti, controllano la stabilità o meglio l'instabilità degli amassi. E queste conoscenze dovrebbero avere una immediata ricaduta applicativa. Lavorando in maniera sistematica, i problemi di questo paese, anche del dissesto idrogeologico, si potrebbero mitigare. Ma la connessione con il istituzioni e l'osmosi con la società civile, relativamente a queste conoscenze, è ancora a mio parere molto indietro. Le conoscenze scientifiche ci sono, ma non vengono contemplate. Si auspica un maggiore interesse e una maniera più definita delle strategie sistematiche di interlocuzione anche per far avanzare la formazione delle persone che lavorano nelle istituzioni perché la scienza va avanti, sempre e con nuovi risultati. E quindi potrebbe dare tanto lavoro ai nostri giovani laureati che hanno un livello di formazione esperta».
C'è un interesse al tema e questo permette di produrre buona scienza anche da noi nel meridione. Su questi terreni in tutto il nostro Paese spesso ci sono costruzioni civili e pubbliche che sono sempre di più a rischio, perché le attuali tipologie di precipitazioni, generate dai mutamenti climatici, mettono in crisi i nostri territori.
Secondo i ricercatori del Politecnico le infrastrutture attuali sono state progettate su "curve di pioggia", derivanti delle rilevazioni storiche delle stazioni pluviometriche, con valori decisamente diversi rispetto agli attuali. E per questo non si riesce più a smaltire efficacemente grandi portate di acqua piovana che allaga e si infiltra in zone non previste provocando gravi disagi.
«Questi eventi impongono un ripensamento di tutto il sistema di captazione e scorrimento superficiale delle acque meteoriche - spiega l'ing. Riccardo Amirante Professore Ordinario di macchine e sistemi per l'energia e l'ambiente - sia per il territorio che per le strutture civili. Questo si traduce in una necessità di riprogettare i sistemi di smaltimento delle acque, sia a livello urbano, con aggiornamenti della cosiddetta fogna bianca, sia degli edifici che ovviamente hanno sistemi di raccolta e confluenza delle acque, dimensionati su dati storici. Negli ultimi anni infatti le curve di pioggia, alla base dei calcoli progettuali di tali infrastrutture, hanno subito un rapido mutamento, e analizzandole oggi le redi di deflusso attualmente in esercizio, si scopre che esse sono di fatto ormai sottodimensionate. La responsabilità è anche dei fenomeni di antropizzazione indiscriminata, dell'eccessivo consumo di suolo, della sua impermeabilizzazione. Questo è alla base di alcuni eventi che, con una frequenza maggiore rispetto al passato, si verificano e creano dei problemi alle strutture».

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