
Cronaca
Estorsione ai cantieri edili del rione Japigia, Tommy Parisi assolto in Appello
In primo grado era stato condannato a 8 anni. Confermate tre condanne e disposte due assoluzioni
Bari - giovedì 13 novembre 2025
17.47 Comunicato Stampa
La seconda sezione penale della Corte di Appello di Bari ha assolto, «per non aver commesso il fatto», Tommaso Parisi, il figlio del boss del rione Japigia, Savino, condannato nel dicembre di tre anni prima in primo grado a 8 anni di reclusione e all'interdizione perpetua dai pubblici uffici per il reato di associazione mafiosa.
Ad oltre dieci anni dai fatti, i giudici, oltre ad assolvere Tommy, assistito dagli avvocati Raffaele Quarta e Nicola Lerario, hanno confermato le condanne di primo grado inflitte nei confronti di soli due imputati, Emanuele Sicolo (20 anni di reclusione per l'imprenditore pregiudicato originario e residente a Bitonto, conosciuto come «Pagnotta») e Mario Di Sisto (10 anni e 6 mesi) e ridotto a 8 anni e 6 mesi di carcere quella per Alessandro Sicolo, condannato in primo grado a 10 anni.
Rispetto alle undici condanne inflitte in primo grado, sono cadute le accuse per Giovanni Lizzi, difeso da Quarta e da Giuseppe Mari, che in primo grado era stato condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione, mentre per altri sei imputati è intervenuta la prescrizione. Il processo riguarda l'inchiesta denominata "Do ut des" e relativo a decine di presunti casi di estorsione a cantieri edili che si sarebbero verificati, per l'accusa, imponendo guardianie e carichi di merci da fornitori amici.
Stando alla ricostruzione accusatoria, condivisa in grande parte dai giudici di primo grado, c'era un «sistema cantieri» messo a punto dal clan Parisi che sarebbe consistito nel porre «a un capillare controllo le imprese edili che operavano nel rione Japigia» con l'assunzione di guardiani che fungevano da «occhio del clan».
Ad oltre dieci anni dai fatti, i giudici, oltre ad assolvere Tommy, assistito dagli avvocati Raffaele Quarta e Nicola Lerario, hanno confermato le condanne di primo grado inflitte nei confronti di soli due imputati, Emanuele Sicolo (20 anni di reclusione per l'imprenditore pregiudicato originario e residente a Bitonto, conosciuto come «Pagnotta») e Mario Di Sisto (10 anni e 6 mesi) e ridotto a 8 anni e 6 mesi di carcere quella per Alessandro Sicolo, condannato in primo grado a 10 anni.
Rispetto alle undici condanne inflitte in primo grado, sono cadute le accuse per Giovanni Lizzi, difeso da Quarta e da Giuseppe Mari, che in primo grado era stato condannato a 6 anni e 8 mesi di reclusione, mentre per altri sei imputati è intervenuta la prescrizione. Il processo riguarda l'inchiesta denominata "Do ut des" e relativo a decine di presunti casi di estorsione a cantieri edili che si sarebbero verificati, per l'accusa, imponendo guardianie e carichi di merci da fornitori amici.
Stando alla ricostruzione accusatoria, condivisa in grande parte dai giudici di primo grado, c'era un «sistema cantieri» messo a punto dal clan Parisi che sarebbe consistito nel porre «a un capillare controllo le imprese edili che operavano nel rione Japigia» con l'assunzione di guardiani che fungevano da «occhio del clan».



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