
Cronaca
Cinque nomi per l'omicidio Telegrafo. Gli arresti arrivano 10 anni dopo
Luigi Guglielmi e altri quattro accusati di aver assassinato «Girogola» nel 2015. Le indagini si sono avvalse dei collaboratori di giustizia
Bari - domenica 15 giugno 2025
11.07
Cinque nomi per un omicidio. Un omicidio che riemerge dalle nebbie del tempo. Sullo sfondo la lunga faida tra i gruppi Di Cosola e Strisciuglio. Era il 28 maggio 2015, quando Nicola Telegrafo, esponente di spicco del clan della «Luna», fu ucciso con sei colpi di revolver in piazza Umberto nel quartiere Carbonara di Bari.
Ora, in cinque - su otto indagati - sono chiamati a rispondere di quei fatti: in carcere, su ordinanza di custodia cautelare della giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Paola Angela De Santis, sono finiti il 42enne Luigi Guglielmi, che per gli investigatori, diretti dal pubblico ministero antimafia Domenico Minardi, sarebbe il mandante, il 30enne Giuseppe Cacucci ed il 31enne Nicola Lorusso, noto negli ambienti come «Barboncino», che sarebbero i due esecutori materiali.
Ai domiciliari la 52enne Porzia De Sario e il compagno, il 57enne Vito Francavilla detto «Vitino il nero» che avrebbero contribuito alla pianificazione dell'omicidio. A presentargli il conto sono stati ieri pomeriggio i detective della Squadra Mobile della Questura di Bari del primo dirigente Filippo Portoghese. Le accuse, a vario titolo, sono di quelle che tolgono il sonno: omicidio doloso, oltre a porto e detenzione di armi e ricettazione, tutti aggravati dall'associazione di stampo mafioso.
Le indagini si sono avvalse delle dichiarazioni rese da Francavilla e Lorusso, entrambi collaboratori di giustizia che avrebbero confermato quanto gli accertamenti investigativi avevano ipotizzato. L'omicidio di Telegrafo sarebbe maturato nella faida sanguinaria che, all'epoca dei fatti, avrebbe riguardato il gruppo Di Cosola, di cui farebbero parte gli arrestati, e il clan Strisciuglio, di cui la vittima era reggente pro tempore «per la concomitante detenzione del proprio vertice associativo».
Quanto riferito dai collaboratori di giustizia avrebbe permesso di definire le presunte responsabilità in capo a Guglielmi, mandante, per due dei suoi affiliati ovvero Lorusso e Cacucci: il primo avrebbe premuto il grilletto di un revolver calibro 38 special o 357 magnum e portato più giubbotti, mentre il secondo sarebbe rimasto alla guida della Fiat Punto su cui sono scappati. La 53enne e Francavilla, invece, avrebbero fornito «un contributo rilevante nella fase preparatoria dell'omicidio».
Risultano indagate altre tre persone (il 37enne Piero Mesecorto e il 39enne Alfredo Brillante), oltre al padre di Lorusso, Saverio, 51enne collaboratore di giustizia, che avrebbe nascosto l'arma del delitto. Quella stessa arma che gli inquirenti sono riusciti a trovare: era ridotta in pezzi, sotterrata in una campagna di Bitritto.
Ora, in cinque - su otto indagati - sono chiamati a rispondere di quei fatti: in carcere, su ordinanza di custodia cautelare della giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Paola Angela De Santis, sono finiti il 42enne Luigi Guglielmi, che per gli investigatori, diretti dal pubblico ministero antimafia Domenico Minardi, sarebbe il mandante, il 30enne Giuseppe Cacucci ed il 31enne Nicola Lorusso, noto negli ambienti come «Barboncino», che sarebbero i due esecutori materiali.
Ai domiciliari la 52enne Porzia De Sario e il compagno, il 57enne Vito Francavilla detto «Vitino il nero» che avrebbero contribuito alla pianificazione dell'omicidio. A presentargli il conto sono stati ieri pomeriggio i detective della Squadra Mobile della Questura di Bari del primo dirigente Filippo Portoghese. Le accuse, a vario titolo, sono di quelle che tolgono il sonno: omicidio doloso, oltre a porto e detenzione di armi e ricettazione, tutti aggravati dall'associazione di stampo mafioso.
Le indagini si sono avvalse delle dichiarazioni rese da Francavilla e Lorusso, entrambi collaboratori di giustizia che avrebbero confermato quanto gli accertamenti investigativi avevano ipotizzato. L'omicidio di Telegrafo sarebbe maturato nella faida sanguinaria che, all'epoca dei fatti, avrebbe riguardato il gruppo Di Cosola, di cui farebbero parte gli arrestati, e il clan Strisciuglio, di cui la vittima era reggente pro tempore «per la concomitante detenzione del proprio vertice associativo».
Quanto riferito dai collaboratori di giustizia avrebbe permesso di definire le presunte responsabilità in capo a Guglielmi, mandante, per due dei suoi affiliati ovvero Lorusso e Cacucci: il primo avrebbe premuto il grilletto di un revolver calibro 38 special o 357 magnum e portato più giubbotti, mentre il secondo sarebbe rimasto alla guida della Fiat Punto su cui sono scappati. La 53enne e Francavilla, invece, avrebbero fornito «un contributo rilevante nella fase preparatoria dell'omicidio».
Risultano indagate altre tre persone (il 37enne Piero Mesecorto e il 39enne Alfredo Brillante), oltre al padre di Lorusso, Saverio, 51enne collaboratore di giustizia, che avrebbe nascosto l'arma del delitto. Quella stessa arma che gli inquirenti sono riusciti a trovare: era ridotta in pezzi, sotterrata in una campagna di Bitritto.