Calcio
Il Bari aggrappato a Sibilli. Una lenta agonia a metà del guado
L’attaccante fa dieci in campionato e tiene in vita i biancorossi, ancora indecifrabili
Bari - lunedì 4 marzo 2024
Un personaggio in cerca d'autore. Una formula che ben sintetizza la stagione senza capo né coda del Bari, che a dieci giornate dalla fine del campionato ancora non ha trovato se stesso, la sua cifra e la sua dimensione. Con lo Spezia, scontro salvezza a tutti gli effetti, finisce 1-1: pari e patta, nel piattume generale della squadra biancorossa e tra i fischi del pubblico, già carico di livore contro la proprietà.
Uno striscione eloquente campeggia in curva nord: "Non è un gioco, non è una partita, questa è la nostra vita. Meritateci". Così gli ultras, con toni perentori, portano avanti il loro j'accuse nel tentativo di svegliare l'ambiente che gravita attorno al Bari dal suo torpore. Ma i risultati, ancora una volta, sono modesti. I biancorossi si aggrappano di nuovo a Peppe Sibilli, che con un po' di fortuna fa dieci in campionato (record assoluto per lui) e tiene a galla la sua squadra, a un passo dal naufragio. Il Bari si aggrappa al suo miglior giocatore come un naufrago fa all'ancora di salvezza, in assenza di alternative valide e convincenti.
Quando Mateju mette a segno il vantaggio, sul San Nicola scende un gelo inequivocabile, il silenzio di chi ha perso le braccia come le rovine di una statua greca del periodo pre-classico. D'altra parte, lo "spettacolo" visto nel primo tempo non lasciava presagire niente di buono. mister Beppe Iachini, alla ricerca di una soluzione plausibile per il suo Bari, conferma il 3-4-1-2, in cui le luci - però - sono molte meno delle ombre. Va sottolineata la buona prova di Zuzek, chiamato al non semplice compito di sostituire Vicari, così come da rimarcare sono le parate belle, complicate e importantissime di Brenno su Tanco e Cassata, per tenere a galla i suoi.
Per il resto è tutto un grande punto interrogativo. Dorval soffre tantissimo il confronto diretto con Elia, dall'altra parte anche Ricci fa fatica a contrastare Mateju e a proporsi contemporaneamente in fase offensiva. Ma quello che più salta all'occhio è la pochezza assoluta del centrocampo, dove due soli elementi fanno fatica a gestire entrambe le fasi. Soprattutto, poi, se uno dei due è Edjouma, che si conferma elemento indecifrabile, e per questo anche sineddoche dell'intera squadra, che a ogni passo avanti ne fa corrispondere tre indietro. Il francese, goffo e spaesato, perde una quantità immensa di palloni, costringendo anche Benali a fare il doppio lavoro e Sibilli ad arretrare il suo raggio d'azione.
Risultato? Lì davanti Nasti praticamente non gioca un pallone, e a Morachioli (tirato fuori dalla criptonite nell'inedito ruolo di seconda punta) non basta metterci impegno e buona volontà per incidere. A inizio ripresa, quando Lulic prende il posto di Edjouma, gli urlacci di Iachini negli spogliatoi producono un certo effetto, perché il Bari è più frizzante anche senza rubare l'occhio. Ma, anche qui, l'illusione dura solo cinque minuti, perché al 50' Elia e Mateju confezionano in vantaggio spezzino, trovando un varco nella difesa biancorossa lasciata al suo destino.
Un goal che, va detto anche questo, avrebbe potuto tagliare le gambe al Bari, a cui va riconosciuta la forza mentale di rimanere attaccato alla partita e trovare il pareggio, al 57' con il solito Sibilli e l'assistenza dello sfortunato Hristov, che la devia e toglie il tempo al portiere Zoet. Un piccolo punto di partenza su cui lavorare, per dare un senso alle prossime giornate e per superare quel «Timore reverenziale» di cui parla Iachini, come effetto della confusione totale del primo tempo.
Sta di fatto, però, che il Bari è questo, e sembrano pochissimi i margini per elevare la condizione dei biancorossi. Non sono bastati tre allenatori per portare il Bari oltre la metà del guado in cui è intrappolato da inizio campionato: distante quanto basta dai playout (+5) per preoccuparsene seriamente, ma non abbastanza vicino ai playoff (-2, ma con cinque squadre nel mezzo) per credere seriamente nella possibilità di cambiare segno a un campionato totalmente anonimo.
Colpa anche degli altri, certo, che né davanti né dietro si sono messi a correre, lasciando aperta per il Bari una piccola porta di speranza, che però a questo punto sa di sadico prolungamento dell'agonia. Ora, però, un po' di pepe lo metterà il calendario: il Venezia fuori casa e la Sampdoria al San Nicola saranno le avversarie prima della pausa di marzo, e i punti in palio saranno importanti quantomeno per confinare definitivamente nel cassetto dei brutti ricordi il pericolo playout. Un risultato che, tuttavia, non sarebbe neanche lontanamente sufficiente per ricucire lo strappo tra Bari e il Bari dei De Laurentiis, che ormai sembra impossibile da ricucire.
Uno striscione eloquente campeggia in curva nord: "Non è un gioco, non è una partita, questa è la nostra vita. Meritateci". Così gli ultras, con toni perentori, portano avanti il loro j'accuse nel tentativo di svegliare l'ambiente che gravita attorno al Bari dal suo torpore. Ma i risultati, ancora una volta, sono modesti. I biancorossi si aggrappano di nuovo a Peppe Sibilli, che con un po' di fortuna fa dieci in campionato (record assoluto per lui) e tiene a galla la sua squadra, a un passo dal naufragio. Il Bari si aggrappa al suo miglior giocatore come un naufrago fa all'ancora di salvezza, in assenza di alternative valide e convincenti.
Quando Mateju mette a segno il vantaggio, sul San Nicola scende un gelo inequivocabile, il silenzio di chi ha perso le braccia come le rovine di una statua greca del periodo pre-classico. D'altra parte, lo "spettacolo" visto nel primo tempo non lasciava presagire niente di buono. mister Beppe Iachini, alla ricerca di una soluzione plausibile per il suo Bari, conferma il 3-4-1-2, in cui le luci - però - sono molte meno delle ombre. Va sottolineata la buona prova di Zuzek, chiamato al non semplice compito di sostituire Vicari, così come da rimarcare sono le parate belle, complicate e importantissime di Brenno su Tanco e Cassata, per tenere a galla i suoi.
Per il resto è tutto un grande punto interrogativo. Dorval soffre tantissimo il confronto diretto con Elia, dall'altra parte anche Ricci fa fatica a contrastare Mateju e a proporsi contemporaneamente in fase offensiva. Ma quello che più salta all'occhio è la pochezza assoluta del centrocampo, dove due soli elementi fanno fatica a gestire entrambe le fasi. Soprattutto, poi, se uno dei due è Edjouma, che si conferma elemento indecifrabile, e per questo anche sineddoche dell'intera squadra, che a ogni passo avanti ne fa corrispondere tre indietro. Il francese, goffo e spaesato, perde una quantità immensa di palloni, costringendo anche Benali a fare il doppio lavoro e Sibilli ad arretrare il suo raggio d'azione.
Risultato? Lì davanti Nasti praticamente non gioca un pallone, e a Morachioli (tirato fuori dalla criptonite nell'inedito ruolo di seconda punta) non basta metterci impegno e buona volontà per incidere. A inizio ripresa, quando Lulic prende il posto di Edjouma, gli urlacci di Iachini negli spogliatoi producono un certo effetto, perché il Bari è più frizzante anche senza rubare l'occhio. Ma, anche qui, l'illusione dura solo cinque minuti, perché al 50' Elia e Mateju confezionano in vantaggio spezzino, trovando un varco nella difesa biancorossa lasciata al suo destino.
Un goal che, va detto anche questo, avrebbe potuto tagliare le gambe al Bari, a cui va riconosciuta la forza mentale di rimanere attaccato alla partita e trovare il pareggio, al 57' con il solito Sibilli e l'assistenza dello sfortunato Hristov, che la devia e toglie il tempo al portiere Zoet. Un piccolo punto di partenza su cui lavorare, per dare un senso alle prossime giornate e per superare quel «Timore reverenziale» di cui parla Iachini, come effetto della confusione totale del primo tempo.
Sta di fatto, però, che il Bari è questo, e sembrano pochissimi i margini per elevare la condizione dei biancorossi. Non sono bastati tre allenatori per portare il Bari oltre la metà del guado in cui è intrappolato da inizio campionato: distante quanto basta dai playout (+5) per preoccuparsene seriamente, ma non abbastanza vicino ai playoff (-2, ma con cinque squadre nel mezzo) per credere seriamente nella possibilità di cambiare segno a un campionato totalmente anonimo.
Colpa anche degli altri, certo, che né davanti né dietro si sono messi a correre, lasciando aperta per il Bari una piccola porta di speranza, che però a questo punto sa di sadico prolungamento dell'agonia. Ora, però, un po' di pepe lo metterà il calendario: il Venezia fuori casa e la Sampdoria al San Nicola saranno le avversarie prima della pausa di marzo, e i punti in palio saranno importanti quantomeno per confinare definitivamente nel cassetto dei brutti ricordi il pericolo playout. Un risultato che, tuttavia, non sarebbe neanche lontanamente sufficiente per ricucire lo strappo tra Bari e il Bari dei De Laurentiis, che ormai sembra impossibile da ricucire.