Una scuola post Covid
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Scuola e Lavoro

Puglia, la Commissione Pari Opportunità contro la "didattica a scelta"

«Questo non significa derogare alla legge statale, significa dire fate come volete»

Ieri mattina si sono riaperte le porte delle scuole in Puglia. Ma molti genitori hanno deciso, sulla base dell'ultima ordinanza reginale, di tenere i propri figli a casa. Un tema quello della "didattica a scelta" che sta dividendo e su cui è intervenuta anche la Commissione Pari Opportunità della Regione Puglia.

«Che senso ha rimettere alle "famiglie" la scelta di richiedere la Didattica Digitale Integrata per i propri figli, in luogo dell'attività in presenza? - scrivono in una nota - Governare deriva dal greco "reggere il timone", ma in questo caso si lascia che la barca vada da sola, e facendo finta di "concedere" ai genitori una libertà di scelta - che in realtà tale non è - si vuole solo raggiungere un effetto mediatico di grancassa che nasconde le lacune e le omissioni del governo regionale. Si dimentica, infatti, che ai sensi dell'art. 2, comma 1, del D.L. 1 aprile 2021 n. 44, e della Circolare del 6/4/21 del Ministero dell'Interno, la didattica in presenza per "la scuola dell'infanzia, della primaria e del primo anno di frequenza della scuola secondaria di primo grado non può essere derogata da provvedimenti dei Presidenti di Regione", se non in casi "di eccezionale e straordinaria necessità dovuta alla presenza di focolai o al rischio estremamente elevato di diffusione del virus SARS-CoV-2 o di sue varianti nella popolazione studentesca." Concedere alle famiglie "una facoltà" di scelta non equivale però a "derogare" alla legge statale, ovvero disporre in senso più restrittivo ad essa, ma significa porsi al di fuori della legge stessa.
O si ha, da parte della Regione, il coraggio di vietare la didattica in presenza, qualora ricorrano i casi eccezionali e straordinari indicati dalla legge stessa, o si è fuori della legge: tertium non datur».

«Concedere una facoltà significa solo creare confusione e panico nelle famiglie volendo far credere di essere dalla loro parte - aggiungono - Quali sarebbero infatti i criteri oggettivi e/o scientifici in base ai quali le famiglie dovrebbero operare la scelta? Nessuno, in realtà. L'ordinanza regionale infatti non ne individua alcuno, né potrebbe farlo, proprio perché è fuori dalla legge. Ed allora le "famiglie" sceglieranno sulla base dell'emozione del momento, dell'ansia, della comodità di gestione della propria famiglia, della paura generata dalla mancanza di informazione, sulla base di dati interpretati in modo contraddittorio dai social secondo la convenienza politica, sulla base di quello che in quel momento sarà il sentire comune magari condizionato dalla presenza in chat del Presidente di Regione, ovvero della discriminazione tra quelle famiglie che possono permettersi una baby sitter o dei nonni liberi dal lavoro, e quelle famiglie che ciò non possono permetterselo. Questo non significa derogare alla legge statale, significa dire fate come volete. Ed ecco che la famiglia implode nella confusione di una pseudo-scelta che è invece espressione del non saper governare; è l'invocazione all'autogestione che vuol dire il fallimento di questo governo regionale, così nella scuola come nella gestione della pandemia».
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