fiaccolata per giulio regeni
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Anche a Bari una fiaccolata per Giulio Regeni: «Rinnovata la richiesta di verità e giustizia»

La manifestazione di Amnesty a due anni dalla morte del ricercatore. Maselli: «Fondamentale ruolo delle istituzioni»

A due anni dalla morte di Giulio Regeni, dottorando di ricerca triestino ucciso il 25 gennaio 2016 al Cairo dove stava svolgendo le sue ricerche sulle attività sindacali in Egitto nel post "Primavera Araba", resta ancora forte il bisogno di fare chiarezza su un omicidio efferato che ancora non ha avuto giustizia.

Oltre cento le piazze italiane che nel pomeriggio di oggi, 25 gennaio 2018, hanno accolto l'invito di Amnesty International a ricordare Giulio Regeni. Tra queste anche Bari, città che ha aderito alla campagna dell'organizzazione non governativa internazionale dall'emblematico titolo "Verità per Giulio Regeni": in corso Vittorio Emanuele, dalle 19:00 alle 20:00 si è tenuta la fiaccolata del "popolo giallo", così come si connotano coloro che non hanno rinunciato a ricercare giustizia e verità per il ricercatore italiano dell'università di Cambridge.

Non una semplice commemorazione, ma un momento di approfondimento utile per fare il punto della situazione sulle inchieste in corso volte a far emergere i dettagli sulle torture subite da Regeni prima di essere brutalmente ucciso. Dopo i forti segnali istituzionali lanciati dal governo italiano al Cairo all'indomani del ritrovamento del corpo di Regeni (3 febbraio 2016), la scorsa estate l'Italia ha nuovamente inviato il proprio ambasciatore in Egitto, quale segno (come sottolineato dal ministro degli Esteri Alfano) di una rinnovata collaborazione tra i due paesi nel tentativo di appurare la verità oltre i goffi tentativi di insabbiare le indagini del governo egiziano.

«Di solito si commemorano le cose che si stanno iniziando a lasciar andare - ci spiega Dino Mangialardi, responsabile della sezione barese di Amnesty International, prima del minuto di silenzio delle 19:41, ora dell'ultima traccia lasciata da Regeni - mentre noi vogliamo rinnovare le nostre richieste. Quello che si deve evitare a tutti i costi è che alla ricerca della verità si sostituisca la semplice memoria. Resta questo il nostro obiettivo fino a quando la realtà dei fatti non avrà sostituito la verità di comodo che ci è stata offerta».

L'organizzazione Amnesty International è fin dai giorni immediatamente successivi alla morte del ricercatore italiano al fianco di Paola e Claudio Regeni per sostenerli nella richiesta di giustizia per l'atroce omicidio del figlio. Ancora Mangialardi: «Siamo vicini alla famiglia di Giulio così come lo siamo alle famiglie egiziane che purtroppo da tantissimi anni subiscono reiterate violazioni dei diritti umani. In quel paese, infatti, episodi come quello accaduto a Regeni non sono affatto rari».

Questo uno dei motivi della raccolta firme che accompagna la manifestazione, «Diretta al presidente egiziano Al Sisi - conclude Mangialardi - per dimostrare quanto importante sia per i cittadini italiani giungere a una verità indipendente e accertata sulla vicenda Regeni. Una raccolta firme a cui si può aderire anche sul sito www.amnesty.it».

In un percorso talmente intricato e tortuoso, resta di fondamentale importanza il «Ruolo delle istituzioni italiane - dichiara l'assessore alle Culture del Comune di Bari Silvio Masell - come chiede la mobilitazione di questo popolo muto ma non sordo. Troppe sciocchezze ci sono state propinate dal sistema politico-istituzionale egiziano e noi facciamo di tutto per dare il nostro contributo nella ricerca della verità. Importanti sono iniziative come queste ma soprattutto lo è un ritorno della politica ai suoi doveri, anche a livello europeo: c'è bisogno di urgenza e fermezza nella richiesta di far emergere la verità, sollecitando le autorità egiziane a collaborare con gli organi di giustizia che svolgono le indagini in Egitto per conto della Magistratura. È, di conseguenza, necessario che il tema della tutela dei diritti umani venga diffuso quanto più possibile: Giulio Regeni oggi mobilità le nostre coscienze in quanto nostro connazionale, ma tantissimi egiziani continuano a morire nelle medesime circostanze e di loro non sapremo mai nulla perché una cortina di silenzio cala sulla loro fine drammatica. Quello che è stato lo scacchiere delle "Primavere Arabe" oggi è un campo minato di conflitti infraetnici e politici, e noi potremmo fare tantissimo se solo tornassimo a essere un grande continente che rappresenta il popolo europeo e non le cancellerie o le tecnocrazie».


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