Mons. Giuseppe Satriano
Mons. Giuseppe Satriano

Gli auguri di Natale di mons. Giuseppe Satriano

Il messaggio rivolto ai fedeli il 25 dicembre

«Caro fratello, cara sorella,
anche quest'anno il Natale del Signore viene a cercarci. Non fa rumore, non bussa con forza, non pretende attenzione. Arriva in punta di piedi e chiede spazio là dove vivi davvero: nelle pieghe della tua storia, nelle relazioni stanche, nei giorni faticosi, nelle domande che non trovano risposte. Dio nasce e viene a cercarci nel cuore delle nostre città ferite, nei quartieri segnati dalla solitudine, nelle famiglie attraversate da fragilità, nei luoghi del dolore, ospedali, carceri, dove spesso la dignità è messa alla prova.

Viviamo un tempo duro, ma – come afferma S. Agostino – "siamo noi i tempi". Le relazioni si assottigliano, le povertà — visibili e invisibili — crescono, i conflitti si moltiplicano, e una cultura della sopraffazione ci convince che per sopravvivere dobbiamo difenderci gli uni dagli altri. In questo scenario, il Vangelo osa dirci una cosa semplice e radicale: la speranza non nasce dall'isolamento, ma dalle relazioni. Gesù viene a guarirci dalla ferita del peccato, dalla paura di Dio, dall'ostilità verso il fratello.

Per questo ti propongo un gesto necessario e scomodo: smontiamo il Natale. Smontiamo quello confezionato, rumoroso, forzatamente allegro. Smontiamo il Natale ridotto a consumo, a vetrina, a emozione rapida che non ascolta il cuore e la vita vera delle persone. Per molti, lo sai bene, questi giorni non sono luce ma peso: solitudini più acute, ferite familiari mai rimarginate, conti che non tornano, paure che non concedono tregua.

Eppure, proprio qui, accade qualcosa di decisivo. Il Natale di Gesù viene ma non anestetizza il dolore: lo attraversa. Dio non sceglie la scorciatoia della potenza, non sistema il mondo dall'alto, non cancella i problemi con un gesto spettacolare. Entra nella storia dal punto più esposto: la vulnerabilità di un bambino. Non spegne la notte, ma accende una luce che resiste al buio. Non elimina le ferite, ma decide di abitarle.
Questo cambia tutto. Il Natale non è evasione spirituale né consolazione facile. È una speranza concreta, esigente, che restituisce dignità a un'umanità povera e incompiuta.

L'Emmanuele, il "Dio con noi", ci dice che nessuna vita è marginale, che nessuna storia è troppo lontana per essere visitata, che anche nel terreno più arido può germogliare qualcosa di nuovo. Ci ricorda che la vita non si costruisce solo con l'efficienza e il controllo, ma con la tenerezza, la pazienza, la capacità di fare spazio.

Il Natale chiede a me, a te, a noi comunità, di non rifugiarci in una fede intimistica, ma di tenere accese luci discrete: relazioni che scaldano invece di giudicare; gesti piccoli ma veri, scelte che includono. Non clamore, ma fedeltà. Non grandi eventi, ma presenze affidabili.

Fratello, sorella, la storia non è chiusa. Anche quando tutto sembra spento, una luce può ancora accendersi.

È la luce di un Dio che continua a nascere ogni volta che qualcuno smette di difendersi e inizia a custodire; ogni volta che una ferita diventa luogo di incontro; ogni volta che la speranza rifiuta di arrendersi. Superiamo la logica perversa della paura, quella in cui la vita si difende dalla Vita, in cui l'altro è una minaccia e non una possibilità. Disinneschiamo questa spirale sterile. Facciamo spazio.

Nel Bambino che nasce, la Parola prende corpo, si fa tenerezza. La notte dell'uomo s'illumina, fiorisce la speranza, Dio viene, abita la nostra fragilità e la trasforma in terra promessa. Cadano le difese del cuore e irrompa la gioia del Natale: quella che non fugge il dolore, ma lo attraversa e lo trasforma in vita donata. Natale è seme di luce affidato alla nostra semplicità, perché l'aurora che nasce non conosca tramonto.
Ti abbraccio e ti benedico».

Mons. Giuseppe Satriano
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