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Tumore al pancreas, dall'Università di Bari una ricerca sui nuovi approcci terapeutici

Lo studio riporta i risultati di una sperimentazione condotta con gli atenei di Verona e Torino

L'Università di Bari, ha recentemente pubblicato uno studio scientifico esaustivo sulle caratteristiche biologiche di malignità e di chemioresistenza di una delle patologie oncologiche più aggressive e ancora incurabili, il tumore pancreatico (Carvalho TMA, et al. Cancers (Basel 2021 https://www.mdpi.com/2072-6694/13/23/6135).

Lo studio riporta i risultati di un'innovativa ricerca scientifica condotta in collaborazione con le Università di Verona e Torino (Forciniti S. et al., Int. Journal Molecular Science 2020 https://www.mdpi.com/1422-0067/22/1/29) in cui è stato dimostrato come in colture cellulari tridimensionali di Adenocarcinoma Pancreatico Duttale (PDAC) alcuni profarmaci della Gemcitabina hanno la capacità di superare l'elevata chemioresistenza di questo tumore così refrattario alla terapia. Questi risultati aprono nuove possibilità di sviluppo di future combinazioni terapeutiche basate sui profarmaci della Gemcitabina che potrebbero migliorare la prognosi dei pazienti con PDAC.

L'Adenocarcinoma Pancreatico Duttale (PDAC) è una neoplasia con il 6% di sopravvivenza a 5 anni e la proiezione a diventare la seconda causa di morte per tumore nei prossimi 10 anni. L'estrema natura maligna del PDAC è dovuta alla presenza di un particolare ambiente extracellulare in cui si sviluppa il tumore, il microambiente tumorale (TME), costituito da uno stroma desmoplastico fibroso che può raggiungere il 90% del volume totale del tumore associato ad aree a ridotta tensione di ossigeno (ipossia) e a pH acido. La presenza di questo TME, altamente fibrotico, ipossico e acido riprogramma il metabolismo cellulare, favorendo la comparsa di cloni cellulari particolarmente aggressivi e resistenti alle terapie (le cellule staminali tumorali) e rallenta la risposta immunitaria, stimolando la metastatizzazione precoce e la chemioresistenza del tumore.

Chiarire i meccanismi alla base della chemioresistenza del PDAC è un prerequisito importante per la progettazione di nuovi approcci terapeutici che aumentino la sopravvivenza dei pazienti. Lo studio, pubblicato dal gruppo di ricerca della Prof.ssa R.A. Cardone del Dipartimento di Bioscienze, Biotecnologie e Ambiente, fornisce una panoramica delle caratteristiche chimico-fisiche del TME del PDAC, di come esse contribuiscano alla sua elevata chemioresistenza e di come possano essere sfruttate per sviluppare nuovi profarmaci, ingegnerizzati a partire da farmaci già esistenti, per essere più attivi nei confronti delle cellule cancerose metabolicamente riprogrammate (incluse le cellule staminali tumorali) dallo stroma desmoplastico, ipossico e acido del tumore (Carvalho TMA, et al. Cancers 2021). La Gemcitabina è tutt'ora il farmaco chemioterapico standard per il PDAC. Tuttavia, il tasso di risposta alla terapia è piuttosto basso (circa il 30%) e si riduce drasticamente nei casi avanzati, soprattutto a causa del microambiente stromale ipossico/acido e della presenza delle cellule staminali tumorali. Lo stesso gruppo di ricerca, nell'ambito di un finanziamento europeo Marie Skłodowska-Curie Innovative Training Networks sul "Ruolo del pH e delle proteine di trasporto ionico nel tumore pancreatico –pHioniC", ha condotto un studio pilota in cui è stato dimostrato come in colture cellulari tridimensionali di PDAC, alcuni profarmaci della Gemcitabina avrebbero la capacità di superare la chemioresistenza dipendente dal TME (Forciniti S. et al., Int. Journal Molecular Science 2020).
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