
Eventi e cultura
Migrazioni e futuro dell'Italia. Da Bari il racconto dello studente tunisino Marouen Bejaoui
Chiusa la mostra “Nuove Generazioni. I volti dell'Italia Multietnica”
Bari - giovedì 26 settembre 2019
9.37
Marouen Bejaoui, studente di Filosofia all'Università di Milano ha 22 anni ed è originario di Tunisi, ma è nato in Italia. La sua infanzia la trascorre in Tunisia e all'età di 14 anni ritorna in Italia definitivamente. Marouen è nato nel nostro paese come un milione e mezzo di giovani nati da genitori immigrati o arrivati da piccoli e cresciuti in quella che è diventata la loro terra. Sono 815 mila gli studenti stranieri presenti nella scuola, da quella dell'infanzia alla secondaria di II grado il 9,2% della popolazione scolastica. A Bari Marouen pochi giorni fa ha raccontato la sua testimonianza a molti giovani studenti a cui ha presentato la mostra "Nuove generazioni. I volti dell'Italia multietnica", realizzata per la 37sima edizione del "Meeting per l'amicizia fra i popoli", e portata in mostra a Bari in occasione del Meeting del Volontariato la scorsa settimana in Fiera del Levante
Come vivere insieme, migrazioni, giovani e futuro dell'Italia. Cosa racconti agli studenti?
"Mi soffermo sempre sul fatto che bisogna incontrare. Quindi invito sempre all'incontro con il diverso, ma il diverso che può essere un barbone per strada o l'amico che in realtà non hai mai conosciuto, che ti sta affianco, il tuo vicino di banco, la tua vicina di casa. Nella mia esperienza ho visto che l'incontro mi ha favorito sempre, è stata sempre una ricchezza, un qualcosa in più, un qualcosa che generava domande, una voglia di vivere, una voglia di capire come si è chiamati a stare in questo mondo, in questa Italia che cambia ed è sempre più diversa, un Italia in cui magari 20 o 30 anni fa non c'era questa diversità."
Qual è stato il primo incontro in Italia per te?
"Per me è uno dei primi incontri che ho avuto è stato proprio con il mio prof di italiano che mi ha portato ad amare la lingua italiana a cercare anche nella mia cultura cosa significava il linguaggio. Vedere una persona come il mio professore, appassionato, ti porta passione, ti porta a dire, ma perché lui è felice? Anch'io voglio essere felice come lui. E quindi vedere l'altro felice e cercare di capire cos'ha l'altro in più, com'è che sta vivendo l'altro? Questo primo professore mi ha aiutato a riprendere ciò che era una vita magari fondata sull'odio, la mia, per un percorso proprio di vita che ho avuto dopo la perdita di mia mamma e mia sorella. Quindi è stata una fortuna aver incontrato persone che hanno fatto sì che io riscoprissi di nuovo la bellezza nello stare al mondo e nello stare in Italia. A Milano da un anno insegno lingua italiana a mamme arabe quindi ho avuto anche la possibilità di rimettere in gioco quello che ho imparato."
Nuove generazioni. I volti giovani dell'Italia multietnica. Che cosa racconta la mostra che hai presentato?
"Abbiamo cercato di raccontare un ragazzo di origine straniera e sottolineo origine straniera perché in realtà sono ragazzi nati e cresciuti in Italia quindi si sentono italiani. La mostra si chiama Nuove Generazioni e non seconde generazioni, perché noi non siamo seconda generazione, i nostri figli non saranno di terza e i figli dei nostri figli di quarta e cosi via. Noi siamo Italiani, i nostri padri che sono di prima generazione hanno dovuto affrontare il problema di arrivare in Italia. Noi invece dobbiamo aiutare e contribuire a migliorarla. La mostra è costruita su diverse forme e quindi riprende prima la famiglia, dove questi ragazzi nascono, poi le prime problematiche magari quella del linguaggio, parlo italiano fuori poi torno a casa e devo parlare tunisino. Quindi anche questo non trovarsi mai un luogo proprio fatto in modo lineare. E poi raccontiamo la scuola ed i laboratori di convivenza. La scuola è il secondo posto dove questi ragazzi si identificano ed hanno le prime difficoltà, gli amici e come vengono guardati. E' qui che nasce il tema del razzismo, dell'odio, come si affrontano queste cose e noi vediamo che nella scuola c'è proprio la prima apertura di questo soggetto etichettato come straniero. La mostra non vuole parlare solo della bellezza dell'incontro, perché abbiamo toccato anche il tema del terrorismo. Pochi sanno che molti di coloro che hanno compiuto attentati in Europa dal 2013 in poi sono giovani di seconda e terza generazione, ragazzi che sono cresciuti in Europa. E quindi ci siamo chiesti perché tutto questo e le risposte sono varie, sono risposte quasi soddisfacenti, perché si parla di mal integrazione, di un vuoto. Eh sì, si parla sempre di questo vuoto che c'è in questi ragazzi. Tante volte è sempre più semplice riempirlo con odio, quindi l'odio verso la società dove si è cresciuti, un odio che poi facilita, un odio che è un terreno per seminare odio e per seminare poi quello che è stato per alcuni ragazzi, arruolarsi all'Isis e fare alcuni attentati."
Sono diverse le testimonianze riportate nella mostra, puoi raccontarcene una?
"Si, una carissima amica la Valeria khadija Collina una signora di origine italiana dal nome Valeria. La sua vita è spettacolare, da essere una femminista convinta si è innamorata di un uomo marocchino che sposa. Si trasferisce in Marocco, si converte all'islam. In Marocco resta per vent'anni poi divorzia con il marito e ritorna a vivere in Italia con suo figlio e proprio suo figlio è stato poi un attentatore dell'Isis che ha ucciso 9 uomini a Londra e poi è stato ammazzato. La donna e mamma l'abbiamo cercata ed intervistata. Nei suoi racconti una frase mi ha toccato tantissimo, lei dice, mio figlio ha ossificato, usa proprio questo termine molto forte. Il dramma che ha vissuto è stato di non aver mai approfondito l'islam con suo figlio. Al figlio gli è stato consigliato l'Islam come un pacchetto e sua mamma non gli ha mai dato gli strumenti per utilizzare questa religione. Lo ha lasciato vivere da solo e l'odio da lui seminato lo ha usato per combinare questo attentato."
Come percepisci il rapporto del nostro paese con gli altri paesi?
"Io penso che l'Italia è un paese molto accogliente al contrario di quello che si dice, al contrario di quello che si vuole dire. Insomma l'Italia è un paese accogliente però bisogna avere sempre paura dell'ignoranza che c'è in giro. L'unico modo per combattere questa ignoranza è stringere la mano all'altro più diverso da noi scoprirlo e riscoprirlo e capire che nel rapporto con l'altro può nascere una novità. Bisogna andare oltre tutto quest'odio che sembra generarsi in questa politica attuale, almeno fino a qualche mese fa sembrava quasi una politica che invitava l'odio, invitava al difendersi dall'altro, invitava al chiudere le porte. Ci possono essere anche i muri ma io sono certo e sicuro che i muri cadranno prima o poi, perché il rapporto con l'altro ci sarà sempre, perché noi siamo fatti per stare con gli altri e per condividere la vita. Un mio caro amico, un poeta, usa il termine comprendere e lo usa in modo bellissimo. Quando parla dell'amore parla del comprendere e dice che la parola comprendere molti non la comprendono come si dovrebbe perché comprendere significa prendere con se qualcuno e questo mi fa immaginare una persona che si prende sulle spalle un'altra. Ed è faticoso camminare con uno sulle spalle, non è semplice, però da lì può nascere il senso, può nascere un vero rapporto nel comprendere realmente l'altro, può nascere un vero stare insieme in questo mondo che sembra sempre più fragile."
Come vivere insieme, migrazioni, giovani e futuro dell'Italia. Cosa racconti agli studenti?
"Mi soffermo sempre sul fatto che bisogna incontrare. Quindi invito sempre all'incontro con il diverso, ma il diverso che può essere un barbone per strada o l'amico che in realtà non hai mai conosciuto, che ti sta affianco, il tuo vicino di banco, la tua vicina di casa. Nella mia esperienza ho visto che l'incontro mi ha favorito sempre, è stata sempre una ricchezza, un qualcosa in più, un qualcosa che generava domande, una voglia di vivere, una voglia di capire come si è chiamati a stare in questo mondo, in questa Italia che cambia ed è sempre più diversa, un Italia in cui magari 20 o 30 anni fa non c'era questa diversità."
Qual è stato il primo incontro in Italia per te?
"Per me è uno dei primi incontri che ho avuto è stato proprio con il mio prof di italiano che mi ha portato ad amare la lingua italiana a cercare anche nella mia cultura cosa significava il linguaggio. Vedere una persona come il mio professore, appassionato, ti porta passione, ti porta a dire, ma perché lui è felice? Anch'io voglio essere felice come lui. E quindi vedere l'altro felice e cercare di capire cos'ha l'altro in più, com'è che sta vivendo l'altro? Questo primo professore mi ha aiutato a riprendere ciò che era una vita magari fondata sull'odio, la mia, per un percorso proprio di vita che ho avuto dopo la perdita di mia mamma e mia sorella. Quindi è stata una fortuna aver incontrato persone che hanno fatto sì che io riscoprissi di nuovo la bellezza nello stare al mondo e nello stare in Italia. A Milano da un anno insegno lingua italiana a mamme arabe quindi ho avuto anche la possibilità di rimettere in gioco quello che ho imparato."
Nuove generazioni. I volti giovani dell'Italia multietnica. Che cosa racconta la mostra che hai presentato?
"Abbiamo cercato di raccontare un ragazzo di origine straniera e sottolineo origine straniera perché in realtà sono ragazzi nati e cresciuti in Italia quindi si sentono italiani. La mostra si chiama Nuove Generazioni e non seconde generazioni, perché noi non siamo seconda generazione, i nostri figli non saranno di terza e i figli dei nostri figli di quarta e cosi via. Noi siamo Italiani, i nostri padri che sono di prima generazione hanno dovuto affrontare il problema di arrivare in Italia. Noi invece dobbiamo aiutare e contribuire a migliorarla. La mostra è costruita su diverse forme e quindi riprende prima la famiglia, dove questi ragazzi nascono, poi le prime problematiche magari quella del linguaggio, parlo italiano fuori poi torno a casa e devo parlare tunisino. Quindi anche questo non trovarsi mai un luogo proprio fatto in modo lineare. E poi raccontiamo la scuola ed i laboratori di convivenza. La scuola è il secondo posto dove questi ragazzi si identificano ed hanno le prime difficoltà, gli amici e come vengono guardati. E' qui che nasce il tema del razzismo, dell'odio, come si affrontano queste cose e noi vediamo che nella scuola c'è proprio la prima apertura di questo soggetto etichettato come straniero. La mostra non vuole parlare solo della bellezza dell'incontro, perché abbiamo toccato anche il tema del terrorismo. Pochi sanno che molti di coloro che hanno compiuto attentati in Europa dal 2013 in poi sono giovani di seconda e terza generazione, ragazzi che sono cresciuti in Europa. E quindi ci siamo chiesti perché tutto questo e le risposte sono varie, sono risposte quasi soddisfacenti, perché si parla di mal integrazione, di un vuoto. Eh sì, si parla sempre di questo vuoto che c'è in questi ragazzi. Tante volte è sempre più semplice riempirlo con odio, quindi l'odio verso la società dove si è cresciuti, un odio che poi facilita, un odio che è un terreno per seminare odio e per seminare poi quello che è stato per alcuni ragazzi, arruolarsi all'Isis e fare alcuni attentati."
Sono diverse le testimonianze riportate nella mostra, puoi raccontarcene una?
"Si, una carissima amica la Valeria khadija Collina una signora di origine italiana dal nome Valeria. La sua vita è spettacolare, da essere una femminista convinta si è innamorata di un uomo marocchino che sposa. Si trasferisce in Marocco, si converte all'islam. In Marocco resta per vent'anni poi divorzia con il marito e ritorna a vivere in Italia con suo figlio e proprio suo figlio è stato poi un attentatore dell'Isis che ha ucciso 9 uomini a Londra e poi è stato ammazzato. La donna e mamma l'abbiamo cercata ed intervistata. Nei suoi racconti una frase mi ha toccato tantissimo, lei dice, mio figlio ha ossificato, usa proprio questo termine molto forte. Il dramma che ha vissuto è stato di non aver mai approfondito l'islam con suo figlio. Al figlio gli è stato consigliato l'Islam come un pacchetto e sua mamma non gli ha mai dato gli strumenti per utilizzare questa religione. Lo ha lasciato vivere da solo e l'odio da lui seminato lo ha usato per combinare questo attentato."
Come percepisci il rapporto del nostro paese con gli altri paesi?
"Io penso che l'Italia è un paese molto accogliente al contrario di quello che si dice, al contrario di quello che si vuole dire. Insomma l'Italia è un paese accogliente però bisogna avere sempre paura dell'ignoranza che c'è in giro. L'unico modo per combattere questa ignoranza è stringere la mano all'altro più diverso da noi scoprirlo e riscoprirlo e capire che nel rapporto con l'altro può nascere una novità. Bisogna andare oltre tutto quest'odio che sembra generarsi in questa politica attuale, almeno fino a qualche mese fa sembrava quasi una politica che invitava l'odio, invitava al difendersi dall'altro, invitava al chiudere le porte. Ci possono essere anche i muri ma io sono certo e sicuro che i muri cadranno prima o poi, perché il rapporto con l'altro ci sarà sempre, perché noi siamo fatti per stare con gli altri e per condividere la vita. Un mio caro amico, un poeta, usa il termine comprendere e lo usa in modo bellissimo. Quando parla dell'amore parla del comprendere e dice che la parola comprendere molti non la comprendono come si dovrebbe perché comprendere significa prendere con se qualcuno e questo mi fa immaginare una persona che si prende sulle spalle un'altra. Ed è faticoso camminare con uno sulle spalle, non è semplice, però da lì può nascere il senso, può nascere un vero rapporto nel comprendere realmente l'altro, può nascere un vero stare insieme in questo mondo che sembra sempre più fragile."