
Speciale
Emanuela Orlandi a teatro con il Collettivo Teatro Prisma, l'intervista a Giovanni Gentile
L'autore e regista: "Possono, in un paese civile, delle persone scomparire nel nulla nel disinteresse generale?"
Bari - martedì 25 ottobre 2022
8.44
Il 5 e 6 novembre prossimo, al teatro Di Cagno a Bari, arriva lo spettacolo teatrale "La cittadina vaticana Emanuela Orlandi" scritto e diretto da Giovanni Gentile e interpretato da Barbara Grilli. Ne abbiamo parlato proprio con Gentile per capire meglio quanto ci aspetta, e soprattutto comprendere quanto sia ancora attuale la vicenda della quindicenne scomparsa ormai da quasi 40 anni.
Perché portare a teatro Emanuela Orlandi? Quanto è ancora attuale la sua storia?
La mia risposta è "perché no?". La vicenda di Emanuela è quanto di più attuale ci sia. La commistione tra malaffare, politica e pezzi di Vaticano; un procuratore che dopo aver archiviato le indagini, Pignatone, diventa presidente del tribunale Vaticano; un capomafia sepolto all'interno di una basilica nel centro di Roma; la copertura di pratiche pedofile all'interno della Chiesa. Emanuela, poi, è il simbolo di tutte le persone scomparse che nessuno sta cercando se non le famiglie, con mezzi propri. Possono, in un paese civile, delle persone scomparire nel nulla nel disinteresse generale? Portiamo Emanuela a teatro perché la verità si deve dire. Ma non per noi, ma per i nostri figli, per le nuove generazioni. La verità si deve dire, non c'è niente da fare.
Come definiresti questo vostro spettacolo?
Qualcuno lo definirebbe "teatro di narrazione", ma penso sia ormai un termine abusato. Io ho portato il teatro di narrazione a Bari nel 2011, quando nessuno lo faceva. Oggi è tutto teatro di narrazione o, almeno, così piace a qualcuno autodefinire quello che fa. Per cui io faccio un passo di lato e dico che lo spettacolo è semplicemente uno spettacolo teatrale, perché è scritto da un drammaturgo ed è interpretato da un'attrice che ha studiato teatro. E che attrice. Per cui lo definirei semplicemente "teatro".
Il vostro teatro è sempre un teatro di denuncia/riflessione. Può il teatro ricoprire ancora un ruolo importante da questo punto di vista?
Non solo può, ma deve. I fondi ministeriali che sono nati per aiutare le compagnie in realtà hanno appiattito l'offerta e, di conseguenza, hanno educato il pubblico o a un teatro d'elite radical chic o a un teatro di intrattenimento. Il teatro deve tornare a parlare alla gente, deve tornare a fare opinione, a unire le persone anziché dividerle per cultura e per classi sociali. Dobbiamo riprendere gli esperimenti di Dario Fo, il teatro politico. Oggi più che mai è necessario che le compagnie si espongano, che tornino a essere indipendenti per poter essere libere di denunciare e di essere contro.
Portate sempre in scena storie tragiche ma allo stesso tempo emblematiche di donne. Come mai questa scelta?
Io le trovo storie di grande coraggio e di grande speranza, non storie tragiche. Palmina Martinelli che con il suo "no" determina la fine di una famiglia mafiosa di Locorotondo e libera tante ragazze dalla prostituzione; Lea Garofalo che attraverso la sua morte distrugge una cosca 'ndranghetista; Barbara Balzerani, su cui possiamo anche discutere, che rinuncia alla sua vita in nome di un ideale giusto, ma che usa mezzi sbagliati e si fa in silenzio 26 anni di carcere, diventando una delle più interessanti scrittrici contemporanee; Emanuela che scoperchia, suo malgrado, i segreti del Vaticano. Poi non è colpa mia se queste cose le fanno le donne. Perché le donne sono molto più coraggiose e più determinate degli uomini. Gli uomini sono noiosi da raccontare.
C'è qualcos'altro che vorresti aggiungere?
Sì, due cose. Due ringraziamenti. Uno va all'altro 50% del duo, a Barbara Grilli che mette in ogni spettacolo tanto cuore ma anche tantissima capacità attoriale, frutto di anni di studio. Lei è un'altra donna coraggiosa che ha deciso di lasciare il teatro "comodo" per fare un cammino con me che dura da ormai 7 anni. E l'altro ringraziamento va a Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, che ci ha aiutato nella costruzione del testo di questo spettacolo, che ci ha dato la forza di farlo solo mostrandoci il suo esempio. Un uomo che da quasi quarant'anni lotta contro i mulini a vento e non si è mai fermato un attimo. E, al contrario di Don Chisciotte, lui la sua battaglia la vincerà sicuramente.
Perché portare a teatro Emanuela Orlandi? Quanto è ancora attuale la sua storia?
La mia risposta è "perché no?". La vicenda di Emanuela è quanto di più attuale ci sia. La commistione tra malaffare, politica e pezzi di Vaticano; un procuratore che dopo aver archiviato le indagini, Pignatone, diventa presidente del tribunale Vaticano; un capomafia sepolto all'interno di una basilica nel centro di Roma; la copertura di pratiche pedofile all'interno della Chiesa. Emanuela, poi, è il simbolo di tutte le persone scomparse che nessuno sta cercando se non le famiglie, con mezzi propri. Possono, in un paese civile, delle persone scomparire nel nulla nel disinteresse generale? Portiamo Emanuela a teatro perché la verità si deve dire. Ma non per noi, ma per i nostri figli, per le nuove generazioni. La verità si deve dire, non c'è niente da fare.
Come definiresti questo vostro spettacolo?
Qualcuno lo definirebbe "teatro di narrazione", ma penso sia ormai un termine abusato. Io ho portato il teatro di narrazione a Bari nel 2011, quando nessuno lo faceva. Oggi è tutto teatro di narrazione o, almeno, così piace a qualcuno autodefinire quello che fa. Per cui io faccio un passo di lato e dico che lo spettacolo è semplicemente uno spettacolo teatrale, perché è scritto da un drammaturgo ed è interpretato da un'attrice che ha studiato teatro. E che attrice. Per cui lo definirei semplicemente "teatro".
Il vostro teatro è sempre un teatro di denuncia/riflessione. Può il teatro ricoprire ancora un ruolo importante da questo punto di vista?
Non solo può, ma deve. I fondi ministeriali che sono nati per aiutare le compagnie in realtà hanno appiattito l'offerta e, di conseguenza, hanno educato il pubblico o a un teatro d'elite radical chic o a un teatro di intrattenimento. Il teatro deve tornare a parlare alla gente, deve tornare a fare opinione, a unire le persone anziché dividerle per cultura e per classi sociali. Dobbiamo riprendere gli esperimenti di Dario Fo, il teatro politico. Oggi più che mai è necessario che le compagnie si espongano, che tornino a essere indipendenti per poter essere libere di denunciare e di essere contro.
Portate sempre in scena storie tragiche ma allo stesso tempo emblematiche di donne. Come mai questa scelta?
Io le trovo storie di grande coraggio e di grande speranza, non storie tragiche. Palmina Martinelli che con il suo "no" determina la fine di una famiglia mafiosa di Locorotondo e libera tante ragazze dalla prostituzione; Lea Garofalo che attraverso la sua morte distrugge una cosca 'ndranghetista; Barbara Balzerani, su cui possiamo anche discutere, che rinuncia alla sua vita in nome di un ideale giusto, ma che usa mezzi sbagliati e si fa in silenzio 26 anni di carcere, diventando una delle più interessanti scrittrici contemporanee; Emanuela che scoperchia, suo malgrado, i segreti del Vaticano. Poi non è colpa mia se queste cose le fanno le donne. Perché le donne sono molto più coraggiose e più determinate degli uomini. Gli uomini sono noiosi da raccontare.
C'è qualcos'altro che vorresti aggiungere?
Sì, due cose. Due ringraziamenti. Uno va all'altro 50% del duo, a Barbara Grilli che mette in ogni spettacolo tanto cuore ma anche tantissima capacità attoriale, frutto di anni di studio. Lei è un'altra donna coraggiosa che ha deciso di lasciare il teatro "comodo" per fare un cammino con me che dura da ormai 7 anni. E l'altro ringraziamento va a Pietro Orlandi, il fratello di Emanuela, che ci ha aiutato nella costruzione del testo di questo spettacolo, che ci ha dato la forza di farlo solo mostrandoci il suo esempio. Un uomo che da quasi quarant'anni lotta contro i mulini a vento e non si è mai fermato un attimo. E, al contrario di Don Chisciotte, lui la sua battaglia la vincerà sicuramente.