cerimonia capo gallo
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Vita di città

Bari ricorda il disastro aereo di Capo Gallo. I parenti: «No alla grazia per i piloti»

Il 6 agosto 2005 lo schianto a Palermo del volo partito dal capoluogo e diretto a Djerba in Tunisia. I morti furono sedici

Il 6 agosto 2005 sedici persone persero la vita nel disastro aereo di Capo Gallo, al largo di Palermo. Il velivolo della compagnia tunisina Tuninter era partito da Bari per raggiungere Djerba in mattinata, quando poco prima delle 14 fu costretto a un ammaraggio di fortuna, non riuscendo a raggiungere l'aeroporto siciliano di Punta Raisi. Ventitré furono i superstiti.

Le indagini hanno stabilito che la causa dell'incidente aereo fu la mancanza di carburante, dovuta sia da una mancata ottemperanza ai controlli a terra, sia al malfunzionamento delle apparecchiature di bordo.

Ieri, a 14 anni da quel tragico giorno, a Bari si è tenuta la cerimonia a parco Perotti, nei pressi della stele che commemora le vittime, alla presenza del presidente della Regione Puglia Michele Emiliano e dell'assessore comunale alle Politiche giovanili Paola Romano.

Forte è il grido di giustizia lanciato dall'associazione Capo Gallo 6 agosto 2005, composta dai parenti delle vittime, che chiede al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di non ascoltare le richieste di grazia mosse dai piloti del velivolo. «Sarebbe bastato che ciascuno avesse fatto il suo dovere senza fidarsi dell'assolvimento di quello altrui - dice la presidente dell'associazione, Rosanna Albergo Baldacci. I sette tunisini condannati in via definitiva sono a piede libero nel loro Paese senza aver scontato un giorno di galera né in Italia, né in Tunisia. Questi, tramite i loro avvocati, hanno avuto l'ardire di chiedere la grazia al Capo dello Stato e la Procura di Palermo ha convocato tutti i parenti delle 16 vittime, e singolarmente i 23 superstiti, per esprimere il loro parere, secondo la procedura prevista in queste circostanze».

«Da ciò che mi risulta - prosegue Albergo Baldacci - il dissenso è stato totale. Non meritano la grazia. Nel trattato italo tunisino non è prevista l'estradizione; ora vogliono liberarsi anche del fastidio di non poter lasciare la Tunisia senza essere arrestati, per via del mandato d'arresto internazionale ed europeo che ancora pende sul loro capo. Noi sin dal primo giorno abbiamo chiesto di sapere la verità e le cause del disastro aereo, ma per la Tunisia l'aereo precipitato nel mare è stato solo un incidente dovuto alla fatalità. Né abbiamo ricevuto collaborazione nello svolgimento delle indagini; né sono state soddisfatte, seppure richieste ripetutamente, le rogatorie internazionali. Per fortuna la Magistratura italiana è giunta comunque alla condanna. Una condanna, tuttavia, non scontata, quindi rimasta sulla scorta»

«Aspettiamo la decisione finale del presidente Sergio Mattarella. Abbiamo fiducia in lui, nella sua saggezza e in quella del suo staff», concludono dall'associazione dei parenti delle vittime e dei superstiti.
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