
Cronaca
Bari, pizzeria non cede al pizzo e chiude dopo 30 anni di attività
Il locale storico del San Paolo aveva abbassato la saracinesca senza spiegazioni, ora via Facebook lo sfogo dei titolari
Bari - venerdì 24 luglio 2020
11.23
«Ci scusiamo in anticipo se questo messaggio risulterà prolisso, ma credo sia doveroso salutare tutti gli amici e clienti che per anni ci hanno accompagnato in questo lungo percorso, durato più di 30 anni».
Inizia così un lungo post Facebook della Pizzeria da Nicola, storico ormai locale del San Paolo che verso la fine dello scorso, senza spiegazioni, aveva abbassato la saracinesca dopo 30 anni di attività.
«Non esistono semplici parole che possono esprimere la nostra tristezza e sofferenza nel comporre questo messaggio - proseguono - La pizzeria non era un semplice locale, una semplice ditta o impiego di lavoro, era un nostro progetto, un nostro sogno, la nostra vita. Era quel componente della famiglia che non parla, ma che sai che è sempre li accanto a te, una seconda casa dove trascorrevamo gran parte delle nostre giornate a volte forse troppo lunghe, un punto di ritrovo per amici, parenti o fedeli clienti che, accompagnati magari da una birra, trascorrevano una calda o fredda serata, con quel sorriso tipico che provoca un bel panzerotto o una buona pizza. Potremmo sfornare migliaia di aggettivi o di aneddoti per poter descrivere ciò che significava per noi quel locale, ma non basterebbe un giorno solo per poterlo fare».
«Poter fornire una spiegazione - aggiungono - a ciò che è successo non è affatto semplice e ,come tipico purtroppo del nostro quartiere, il silenzio e la chiusura improvvisa hanno creato solo una nebbia fitta di storie fantasiose e chiacchiericci inutili. In questi mesi ne abbiamo sentite tante di storie, di versioni e, soprattutto, di persone che improvvisamente si tramutavano in professori di vita, che sfornano giudizi sulle decisioni prese. La verità è che nessuno può comprendere gli stati d'animo e la criticità nel prendere una decisione in pochi attimi in quei momenti, in cui speri solo di poterti risvegliare da un brutto sogno».
«Subire un estorsione - spiegano - per gente che si guadagna da vivere con il proprio sudore, è qualcosa che difficilmente una persona può accettare. Noi non lo abbiamo fatto. Non ce l'abbiamo fatta. Non siamo riusciti ad accettare la visione di un futuro basato sulla sottomissione, sulla paura quotidiana che un individuo possa varcare per l'ennesima volta le porte del tuo locale per poter "mangiare", ma che di cibo non si parla assolutamente. E perché accettare tutto questo? per chi poi? Per qualche individuo che un bel giorno si alza dal proprio letto e decide che deve mangiare sul sudore e sul sangue di un povero Cristo, che a volte arriva a stento a fine mese?»
«Questo non vuole essere un messaggio critico o colmo di rabbia - concludono - poiché siamo consapevoli che purtroppo ci sono commercianti o imprenditori che sono costretti ad accettare e convivere con questa realtà, poiché magari pensano o credono non ci sia altra via. Noi vogliamo solo dire che c'è sempre un'altra via e soccombere non è una di quelle. Ribellarsi o ancora meglio unirsi in un'unica lotta, a volte potrebbe fare la differenza e magari un commerciante non sarà costretto a chiudere. Solo il tempo dimostrerà se la nostra è stata una scelta giusta per il nostro futuro, ma in ogni caso non smetteremo mai di essere noi stessi e infine, magari, speriamo che il nostro gesto possa aver fatto riflettere qualcuno, ed essere spronato a fare la cosa giusta».
Diversi i commenti dei cittadini del quartiere rimasti scioccati dalla "rivelazione": «Non solo avete ingiustamente subito tutto ciò che avete subito - scrive un cittadino - ma vedere chiuso un locale istituzione come il vostro da un giorno all'altro mi ha davvero fatto sentire una rabbia immensa, come se abbiano fatto vincere questi individui. Non me lo aspettavo. Non mi aspettavo il silenzio assurdo che ha seguito questo episodio. Un silenzio assordante. Spero vivamente che il vostro sacrificio non venga dimenticato».
«Questo sono storie che non si vorrebbero mai sentire o leggere - aggiunge un altro cliente del locale - storie che dovrebbero far riflettere tutti, non solo coloro ai quali si torce lo stomaco nel leggere, ma anche chi legge senza immaginare una possibilità diversa dell'accettazione di questo stato di cose o ancor più chi detiene le leve per poter sopprimere questi cancri della società».
Inizia così un lungo post Facebook della Pizzeria da Nicola, storico ormai locale del San Paolo che verso la fine dello scorso, senza spiegazioni, aveva abbassato la saracinesca dopo 30 anni di attività.
«Non esistono semplici parole che possono esprimere la nostra tristezza e sofferenza nel comporre questo messaggio - proseguono - La pizzeria non era un semplice locale, una semplice ditta o impiego di lavoro, era un nostro progetto, un nostro sogno, la nostra vita. Era quel componente della famiglia che non parla, ma che sai che è sempre li accanto a te, una seconda casa dove trascorrevamo gran parte delle nostre giornate a volte forse troppo lunghe, un punto di ritrovo per amici, parenti o fedeli clienti che, accompagnati magari da una birra, trascorrevano una calda o fredda serata, con quel sorriso tipico che provoca un bel panzerotto o una buona pizza. Potremmo sfornare migliaia di aggettivi o di aneddoti per poter descrivere ciò che significava per noi quel locale, ma non basterebbe un giorno solo per poterlo fare».
«Poter fornire una spiegazione - aggiungono - a ciò che è successo non è affatto semplice e ,come tipico purtroppo del nostro quartiere, il silenzio e la chiusura improvvisa hanno creato solo una nebbia fitta di storie fantasiose e chiacchiericci inutili. In questi mesi ne abbiamo sentite tante di storie, di versioni e, soprattutto, di persone che improvvisamente si tramutavano in professori di vita, che sfornano giudizi sulle decisioni prese. La verità è che nessuno può comprendere gli stati d'animo e la criticità nel prendere una decisione in pochi attimi in quei momenti, in cui speri solo di poterti risvegliare da un brutto sogno».
«Subire un estorsione - spiegano - per gente che si guadagna da vivere con il proprio sudore, è qualcosa che difficilmente una persona può accettare. Noi non lo abbiamo fatto. Non ce l'abbiamo fatta. Non siamo riusciti ad accettare la visione di un futuro basato sulla sottomissione, sulla paura quotidiana che un individuo possa varcare per l'ennesima volta le porte del tuo locale per poter "mangiare", ma che di cibo non si parla assolutamente. E perché accettare tutto questo? per chi poi? Per qualche individuo che un bel giorno si alza dal proprio letto e decide che deve mangiare sul sudore e sul sangue di un povero Cristo, che a volte arriva a stento a fine mese?»
«Questo non vuole essere un messaggio critico o colmo di rabbia - concludono - poiché siamo consapevoli che purtroppo ci sono commercianti o imprenditori che sono costretti ad accettare e convivere con questa realtà, poiché magari pensano o credono non ci sia altra via. Noi vogliamo solo dire che c'è sempre un'altra via e soccombere non è una di quelle. Ribellarsi o ancora meglio unirsi in un'unica lotta, a volte potrebbe fare la differenza e magari un commerciante non sarà costretto a chiudere. Solo il tempo dimostrerà se la nostra è stata una scelta giusta per il nostro futuro, ma in ogni caso non smetteremo mai di essere noi stessi e infine, magari, speriamo che il nostro gesto possa aver fatto riflettere qualcuno, ed essere spronato a fare la cosa giusta».
Diversi i commenti dei cittadini del quartiere rimasti scioccati dalla "rivelazione": «Non solo avete ingiustamente subito tutto ciò che avete subito - scrive un cittadino - ma vedere chiuso un locale istituzione come il vostro da un giorno all'altro mi ha davvero fatto sentire una rabbia immensa, come se abbiano fatto vincere questi individui. Non me lo aspettavo. Non mi aspettavo il silenzio assurdo che ha seguito questo episodio. Un silenzio assordante. Spero vivamente che il vostro sacrificio non venga dimenticato».
«Questo sono storie che non si vorrebbero mai sentire o leggere - aggiunge un altro cliente del locale - storie che dovrebbero far riflettere tutti, non solo coloro ai quali si torce lo stomaco nel leggere, ma anche chi legge senza immaginare una possibilità diversa dell'accettazione di questo stato di cose o ancor più chi detiene le leve per poter sopprimere questi cancri della società».