Sparatoria via Piave
Sparatoria via Piave
Cronaca

Un'esecuzione per ottenere il potere, ecco chi e perché ha ucciso Domenico Capriati a Bari

La vittima, dopo anni di prigione, stava cercando di ritornare ai vertici dell'associazione mafiosa, ma la sua morte ha stravolto gli equilibri

Sono Domenico Monti detto "Mimmo u'biund", 62 anni, Christian De Tullio, detto "u'acidd", 30 anni, e Maurizio Larizzi, detto "u'guf", 38enne, i tre uomini arrestati dalla polizia di Stato per l'omicidio di Domenico Capriati, avvenuto a Japigia a novembre del 2018. Tutti e tre censurati e ritenuti, in particolare Monti e Larizzi, esponenti di primo piano della famiglia mafiosa dei "Capriati".

Le indagini, delegate alla sezione criminalità organizzata della squadra mobile della Questura di Bari, sono state avviate nelle fasi immediatamente successive l'evento delittuoso ed hanno consentito di determinare movente, mandante e autori dell'omicidio, maturata nel contesto mafioso delle famiglie "Larizzi/Monti". I numerosi elementi acquisiti nel corso delle indagini hanno consentito di accertare che, a decretare la "condanna a morte" di Domenico Capriati – figura di vertice del sodalizio di tipo mafioso "Capriati" – fosse stato l'emergente pregiudicato Maurizio Larizzi, intenzionato a liberarsi di un soggetto il quale, dopo l'uscita dal carcere, al termine di un lungo periodo di detenzione, era divenuto un ostacolo per lo sviluppo e la gestione dei propri illeciti interessi, legati soprattutto ai proventi derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti.

La vittima, infatti, a seguito di un lunghissimo periodo di carcerazione, nell'intenzione di riprendere un ruolo egemone nell'ambito del clan, stava tentando di riorganizzare le fila del sodalizio di appartenenza. In tale contesto, era entrato in contrasto con altri soggetti di spicco all'interno del clan (in particolare proprio con Maurizio Larizzi e Domenico Monti). Dal canto suo, anche Larizzi aveva iniziato a ritagliarsi spazi più ampi all'interno del sodalizio mafioso ed era, pertanto, determinato a contrastare le pretese di Capriati e la sua ri-ascesa criminale, dopo la lunga carcerazione.

Dalle risultanze investigative è emerso che, a compiere l'azione di fuoco, fu un commando armato guidato dal pluripregiudicato Domenico Monti, anch'egli tornato libero dopo oltre vent'anni di reclusione per reati di mafia ed anch'egli mosso da vecchie ruggini proprio nei confronti della vittima. Per l'esecuzione dell'omicidio, Monti si avvalse della partecipazione del genero, Christian De Tullio, anch'egli censurato. In particolare, Monti e de Tullio, travisati ed armati, dopo aver atteso, nascosti nel cortile condominiale dell'abitazione di Capriati, che quest'ultimo giungesse dal Borgo Antico di Bari insieme al figlio ed alla moglie, a bordo della sua autovettura, lo avevano sorpreso sparando.

De Tullio utilizzò una pistola mitragliatrice cal. 7,65, mentre Monti in seguito al tentativo di Capriati di sfuggire ai colpi di mitraglietta fuggendo verso l'ingresso del portone dello stabile, sparò a sua volta ulteriori colpi di arma da fuoco, utilizzando una pistola cal. 9x21, colpendo la vittima al capo, quando era ormai riversa a terra. Capriati era morto il giorno seguente in ospedale.

L'omicidio è stato commesso con le modalità tipiche dell'azione mafiosa, affinché fosse chiara a tutti la portata esemplare dell'azione criminale. L'omicidio aveva portato ad una vera decapitazione dello storico clan "Capriati", portando ad uno stravolgimento degli equilibri della criminalità organizzata barese: l'accertamento dei fatti è stato, ovviamente, ostacolato dal contesto profondamente omertoso e dalla forza intimidatrice esercitata dai protagonisti, personaggi di rilevante caratura criminale.

La piattaforma indiziaria a carico degli indagati è caratterizzata sia dalle dichiarazioni dei collaboratori di Giustizia che, soprattutto, dalle conversazioni dei familiari di Capriati, intercettate, e dalle conversazioni tra gli stessi indagati. Le concrete modalità della condotta e la sua progettazione in chiave punitiva, al fine di affermare l'egemonia criminale, previo studio accurato del modus operandi e dell'obiettivo da colpire ad opera dei sicari, hanno consentito di ritenere sussistente la circostanza aggravante contestata della premeditazione.

  • Omicidio
  • antimafia
  • mafia
Altri contenuti a tema
Mafia, ispezioni al Comune di Bari: le precisazioni del Viminale Mafia, ispezioni al Comune di Bari: le precisazioni del Viminale In serata era stato il sindaco Decaro a darne notizia, usando toni duri nei confronti del Ministero
Picaro chiede di audire in commissione antimafia Emiliano e Decaro Picaro chiede di audire in commissione antimafia Emiliano e Decaro Il consigliere regionale di Fratelli d'Italia: «Amtab sottratta alla vigilanza»
Inchiesta a Bari, Rossi: «Dal Comune grande aiuto, bisogna proseguire su questa strada» Inchiesta a Bari, Rossi: «Dal Comune grande aiuto, bisogna proseguire su questa strada» Il procuratore lo ha dichiarato questa mattina a margine della presentazione di un protocollo sulla sicurezza stradale
La Commissione antimafia acquisisce gli atti su Bari, D'Attis: "Accolta la mia richiesta" La Commissione antimafia acquisisce gli atti su Bari, D'Attis: "Accolta la mia richiesta" Previste nei prossimi giorni le audizioni del procuratore Roberto Rossi e del prefetto Francesco Russo
Gasparri: «Dopo arresti si valuti lo scioglimento del Comune di Bari» Gasparri: «Dopo arresti si valuti lo scioglimento del Comune di Bari» Il capogruppo di Forza Italia lo ha dichiarato al termine della riunione del centrodestra sulle amministrative
Operazione antimafia a Bari, la soddisfazione del Ministro Piantedosi Operazione antimafia a Bari, la soddisfazione del Ministro Piantedosi Il Viminale: «Risultati conseguiti su questo fronte riprova di un impegno corale nella lotta alle mafie»
Omicidio Petrone, indagati alcuni complici dell'assassino Omicidio Petrone, indagati alcuni complici dell'assassino Il caso riaperto in seguito alla presentazione di una memoria sugli atti del processo consegnata nel 2017
Arrestato a Bari lo storico boss di Japigia: in carcere Eugenio Palermiti Arrestato a Bari lo storico boss di Japigia: in carcere Eugenio Palermiti Ai vertici dell'omonimo clan, fu mandante, nel 2013, di un agguato armato nei confronti di Teodoro Greco
© 2001-2024 BariViva è un portale gestito da InnovaNews srl. Partita iva 08059640725. Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Trani. Tutti i diritti riservati.
BariViva funziona grazie ai messaggi pubblicitari che stai bloccandoPer mantenere questo sito gratuito ti chiediamo disattivare il tuo AdBlock. Grazie.