
Cronaca
Sparò all’amante della madre: Filippo Mineccia condannato a 15 anni
I giudici hanno riconosciuto l'aggravante mafiosa nei confronti del pluripregiudicato del quartiere Japigia
Bari - venerdì 11 luglio 2025
9.37
Filippo Mineccia, esponente di spicco del clan Palermiti di Japigia, è stato condannato a 15 anni di reclusione perché ritenuto il responsabile del tentato omicidio del 53enne Nicola Girone e delle lesioni causate al 52enne Alfredo Morisco, del tutto estraneo alla contesa. La sentenza è stata emessa ieri dal Tribunale di Bari.
Il giudice Antonietta Guerra ha riconosciuto le aggravanti del metodo mafioso e dei futili motivi, ma ha escluso la premeditazione. La vicenda risale al 24 febbraio 2016. Girone - hanno ricostruito le indagini dell'Antimafia del capoluogo - aveva offeso la reputazione dei genitori di Mineccia e, per questo, doveva essere punito. Inizialmente fu ipotizzato un regolamento di conti interni alla criminalità, poi smentito dall'esito delle indagini: Mineccia agì per rancori legati a dei fatti personali.
Nell'ultima udienza del processo prima della sentenza, è stato lo stesso imputato a raccontare come andarono le cose. Quando lo vide «istintivamente, decisi di spararlo alle gambe, puntando la pistola sempre verso il basso. Ma poiché non ero esperto di armi ed era la prima volta che sparavo, dovetti esplodere più colpi prima di rendermi conto di averlo ferito. Smisi di sparare quando mi resi conto di averlo ferito alle gambe, perché cadde a terra. Non volevo ucciderlo, né ferirlo».
Secondo il pubblico ministero antimafia Fabio Buquicchio, invece, l'avrebbe fatto pianificando l'agguato e utilizzando il metodo che certi contesti conoscono per risolvere le storie: quello mafioso. L'accusa aveva chiesto la condanna a 17 anni e 6 mesi di reclusione. Le motivazioni della sentenza saranno note in 90 giorni.
Il giudice Antonietta Guerra ha riconosciuto le aggravanti del metodo mafioso e dei futili motivi, ma ha escluso la premeditazione. La vicenda risale al 24 febbraio 2016. Girone - hanno ricostruito le indagini dell'Antimafia del capoluogo - aveva offeso la reputazione dei genitori di Mineccia e, per questo, doveva essere punito. Inizialmente fu ipotizzato un regolamento di conti interni alla criminalità, poi smentito dall'esito delle indagini: Mineccia agì per rancori legati a dei fatti personali.
Nell'ultima udienza del processo prima della sentenza, è stato lo stesso imputato a raccontare come andarono le cose. Quando lo vide «istintivamente, decisi di spararlo alle gambe, puntando la pistola sempre verso il basso. Ma poiché non ero esperto di armi ed era la prima volta che sparavo, dovetti esplodere più colpi prima di rendermi conto di averlo ferito. Smisi di sparare quando mi resi conto di averlo ferito alle gambe, perché cadde a terra. Non volevo ucciderlo, né ferirlo».
Secondo il pubblico ministero antimafia Fabio Buquicchio, invece, l'avrebbe fatto pianificando l'agguato e utilizzando il metodo che certi contesti conoscono per risolvere le storie: quello mafioso. L'accusa aveva chiesto la condanna a 17 anni e 6 mesi di reclusione. Le motivazioni della sentenza saranno note in 90 giorni.