dario skepisi
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Eventi e cultura

Il cantautore Dario Skèpisi a BariViva: «Musica portatrice di cultura e speranza»

L’artista jazz barese si racconta ai nostri microfoni: «La musica di qualità tornerà ad avere il suo spazio»

Ritmiche brasiliane e dialetto barese: nel repertorio del cantautore jazz Dario Skèpisi c'è questo e c'è anche tanto altro. Una passione per la musica colta, raffinata, carica di senso che ha radici profonde e lontane, ma che non per questo ha smesso di essere attuale e di comunicare sensazioni ed emozioni che nello scenario attuale, pugliese e non, sono merce rara.

Dai lavori di Skèpisi traspare quel velo di nostalgica amarezza, quella sensazione che solo la parola portoghese "saudade" sa esprimere tenendo dentro il senso di perdita e la speranza di un ritrovamento. Un tentativo che trova compimento mediante l'associazione tra i suoni carioca e la terra madre, quella Bari che in alcuni illuminati brani (Samba Necòle, Barisiliano, Cape Uastate e tanti alti) appare sotto una luce nuova ma non dimentica della sua natura di terra di frontiera.

Un concetto complesso che abbiamo avuto il piacere di farci spiegare direttamente dall'autore in una piacevole chiacchierata ai nostri microfoni.

Se dovessi spiegare a qualcuno il concetto di "glocale" probabilmente gli farei sentire i suoi pezzi "barisiliani". Come nasce l'idea di far incontrare lingua barese e sonorità brasiliane?

Si tratta di un incontro che avviene come tutti gli altri: in maniera casuale. Tutto è nato dalla mia passione per la musica brasiliana, che è il mio maggiore ambito di espressione artistica. Da cantautore ho, ovviamente, avvertito l'esigenza di non esprimermi attraverso la lingua portoghese, ma nemmeno limitare le mie composizioni alla lingua italiana, che comunque ho utilizzato ampiamente nel mio repertorio autografo. Ecco, quindi, come è nata la curiosità per l'incontro tra musica brasiliana e dialetto barese. Un esperimento che ho provato già nel mio primo disco, "Musicanima", in cui compaiono i brani dialettali Ma tu cciuè da me? e Ta D'adadatta'. Da quell'esperienza compresi che le parole tronche del dialetto barese ben si sposavano con la ritmicità della musica brasiliana. È una cosa cui tengo molto perché è una caratteristica che ho solo io. Infondo, come diceva Tolstoj, «Se vuoi essere universale, parla del tuo villaggio».

La sua passione per la musica carioca, invece, da dove nasce?

La carriera di ogni musicista nasce dall'ascolto della musica di altri. Nel mare magno della musica da cui ho attinto nella mia carriera, ho avvertito subito una vicinanza tra la musica brasiliana e quelle che erano le mie corde e la mia voce. Un'affinità elettiva che ho portato avanti in maniera più specifica (insieme a tanta altra musica) fin dagli inizi della mia carriera con alcune cover di artisti brasiliani.

In un'epoca come quella attuale in cui i talent hanno reso la musica uno dei tanti prodotti usa e getta, che spazio c'è ancora per generi colti come il jazz o la bossa?

La musica è una fetta della cultura: adesso viviamo in momento in cui c'è una grande perdita di coscienza, di valori e di pensiero. In un contesto del genere ci sguazza la mediocrità, che trova spazio nel mercato perché, diciamo la verità, è la cosa più vendibile. A chi fa esperimenti più coraggiosi, a chi crede ancora in una musica che abbia spessore a livello di testi e di qualità tecnica, non rimane altro che la "passione della verità", cioè essere se stessi senza farsi prendere dallo sconforto di un mercato che predilige la mediocrità del trash. Io credo che bisogna vivere con la speranza: a ogni declino dell'umanità è corrisposto un nuovo umanesimo. Le persone che credono in un livello culturale più alto magari in un futuro (spero) prossimo potranno avere le loro possibilità.

Qual è il termometro artistico-culturale della Puglia?

La nostra regione è stata negli ultimi dieci/venti anni un polo di eccellenza per musicisti e operatori nel settore cultural-musicale. Voglio ricordare il periodo degli anni '90, quando Bari diventò capitale addirittura mondiale dell'easy jazz. Un grande merito va riconosciuto agli esperimenti e alle innovazioni portate nel settore con il Medimex e con Puglia Sound che si sono sforzati di creare qui un polo di musica di qualità. Posso dire che certamente come regione non stiamo messi peggio di altri, anzi…

Nel recente periodo lei ha legato il suo nome anche ad alcune iniziative solidali, come la firma sul casco da cantiere in favore dell'associazione AGEBEO, impegnata nella costruzione del "Villaggio dell'Accoglienza". Come può la musica essere d'aiuto nel sociale?

Anche qui credo che debba vincere l'onestà intellettuale e la verità. Viviamo in un periodo in cui anche il bene viene strumentalizzato. Io, già da tempi non sospetti, ho dato il mio apporto a iniziative del genere, e quindi quando mi vengono proposte queste cose lo faccio veramente con naturalezza. È molto facile farsi prendere dalle manie di protagonismo in queste circostanze: anche in questo caso bisogna saper valutare dove sta la verità. A ogni modo, la musica può fare molto per queste realtà come canale di diffusione delle attività delle varie associazioni impegnate in opere solidali.

Ultima domanda: cinque dischi che porterebbe con sé su un'isola deserta.

Mi piace citare spesso un artista che pochi conoscono e che invece io amo tanto, vale a dire Nando Lauria, un musicista brasiliano. Sono particolarmente legato al suo disco "Points of View". Per quello che hanno dato allo storia della musica europea, penso di non poter fare a meno di nessuno dei dischi dei Beatles. Un altro artista che porterei con me è senza dubbio Pat Metheny, perché ha saputo dare nuove sonorità al jazz, pensandolo come un linguaggio colto e aperto a contaminazioni provenienti da tutti gli stili musicali. Per non fare un torto all'Italia porterei un disco di Pino Daniele, un artista che reputo inarrivabile per qualsiasi musicista italiano e che io amo molto. Come quinto artista scelgo James Taylor, un artista americano che io amo moltissimo.
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