Operazione "Lockdown", tutti in silenzio. Un indagato passa ai domiciliari
I 13 arretati, la maggior parte dei quali già reclusi, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere durante gli interrogatori di garanzia
domenica 30 novembre 2025
19.36
Tutti in silenzio negli interrogatori di garanzia ai 13 arrestati nell'operazione "Lockdown", iniziati nella stessa giornata del blitz antimafia contro l'articolazione del quartiere San Paolo di Bari del clan mafioso Strisciuglio. La scelta comune che è prevalsa, al momento, è stata quella di avvalersi della facoltà di non rispondere.
Tra questi, davanti alla giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Valeria Isabella Valenzi, sono sfilati alcuni dei personaggi di spicco dell'importante inchiesta come il 35enne Marco Latrofa, il 45enne Nicola Schingaro ed in particolare il 27enne Nicola Cassano, quest'ultimo conosciuto negli ambienti criminali come «Lo sciacallo» e rimasto ferito in un agguato nel 2023, difeso dall'avvocato Nicola Oberdan Laforgia, i quali non hanno risposto alle domande della giudice.
E in silenzio, fra gli altri, è rimasto pure Giuseppe Franco, di 38 anni, assistito dall'avvocato Marianna Casadibari, l'unico indagato ad ottenere l'attenuazione della misura cautelare per ragioni di salute: l'uomo ha così lasciato il carcere di Bari, per passare ai domiciliari nella sua abitazione di Mariotto, una delle delle frazioni di Bitonto. L'inchiesta dei Carabinieri della Compagnia di Bari San Paolo ha avuto inizio nel mese di settembre 2019 dopo una chiamata anonima al numero 112.
«Qui al San Paolo stiamo avendo problemi con persone che stanno cercando delle tangenti... stanno venendo con le minacce ai commercianti… vi sto avvisando che stanno andando dappertutto». Un vero e proprio grido di dolore. L'indagine, infatti, ha ricostruito numerose estorsioni ai cantieri e alle attività commerciali del rione sotto la influenza del clan di Domenico Strisciuglio che al San Paolo detta legge tramite la mano di Alessandro Ruta, da anni in carcere in regime di 41 bis.
«Cinque… mille euro a settimana, stanno andando dappertutto, due sono i capi, Telegrafo Dino (figlio di Nicola, pentitosi nel 2022)… e l'altro è… Latrofa. Sono due i capi del San Paolo e poi ci sono altri ragazzi che non conosco… stanno facendo la strage al San Paolo», la richiesta d'aiuto all'operatore della centrale operativa. «Qui non si può vivere più. Telegrafo è uscito un mese fa, un mese e mezzo fa… sta rompendo veramente le scatole è aggressivo e non si può ragionare proprio».
La risposta dei Carabinieri - all'epoca dei fatti il Nucleo Operativo della Compagnia del rione San Paolo era comandato dal tenente Francesco Corinaldesi - non tardò ad arrivare con una lunga serie di arresti. Un'organizzazione «criminale» tutt'altro che «originale o neofita» a cui è contestata anche l'aggravante mafiosa.
Tra questi, davanti alla giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bari, Valeria Isabella Valenzi, sono sfilati alcuni dei personaggi di spicco dell'importante inchiesta come il 35enne Marco Latrofa, il 45enne Nicola Schingaro ed in particolare il 27enne Nicola Cassano, quest'ultimo conosciuto negli ambienti criminali come «Lo sciacallo» e rimasto ferito in un agguato nel 2023, difeso dall'avvocato Nicola Oberdan Laforgia, i quali non hanno risposto alle domande della giudice.
E in silenzio, fra gli altri, è rimasto pure Giuseppe Franco, di 38 anni, assistito dall'avvocato Marianna Casadibari, l'unico indagato ad ottenere l'attenuazione della misura cautelare per ragioni di salute: l'uomo ha così lasciato il carcere di Bari, per passare ai domiciliari nella sua abitazione di Mariotto, una delle delle frazioni di Bitonto. L'inchiesta dei Carabinieri della Compagnia di Bari San Paolo ha avuto inizio nel mese di settembre 2019 dopo una chiamata anonima al numero 112.
«Qui al San Paolo stiamo avendo problemi con persone che stanno cercando delle tangenti... stanno venendo con le minacce ai commercianti… vi sto avvisando che stanno andando dappertutto». Un vero e proprio grido di dolore. L'indagine, infatti, ha ricostruito numerose estorsioni ai cantieri e alle attività commerciali del rione sotto la influenza del clan di Domenico Strisciuglio che al San Paolo detta legge tramite la mano di Alessandro Ruta, da anni in carcere in regime di 41 bis.
«Cinque… mille euro a settimana, stanno andando dappertutto, due sono i capi, Telegrafo Dino (figlio di Nicola, pentitosi nel 2022)… e l'altro è… Latrofa. Sono due i capi del San Paolo e poi ci sono altri ragazzi che non conosco… stanno facendo la strage al San Paolo», la richiesta d'aiuto all'operatore della centrale operativa. «Qui non si può vivere più. Telegrafo è uscito un mese fa, un mese e mezzo fa… sta rompendo veramente le scatole è aggressivo e non si può ragionare proprio».
La risposta dei Carabinieri - all'epoca dei fatti il Nucleo Operativo della Compagnia del rione San Paolo era comandato dal tenente Francesco Corinaldesi - non tardò ad arrivare con una lunga serie di arresti. Un'organizzazione «criminale» tutt'altro che «originale o neofita» a cui è contestata anche l'aggravante mafiosa.