Omicidio Vasienti, ucciso dagli Strisciuglio perché voleva pentirsi. I NOMI
I fatti risalgono al 2016, questa mattina gli arresti di quattro affiliati al clan Strisciuglio. Fu strangolato perché voleva collaborare con la giustizia
giovedì 18 dicembre 2025
19.24
«Ucciso perché era un infame». Sarebbe questa la causa della morte di Nicola Vasienti, 44enne, che fu trovato morto nella sua casa nel quartiere San Paolo di Bari il 16 novembre del 2016. Vasienti, che era agli arresti domiciliari, era ritenuto vicino al clan mafioso Strisciuglio. Gli arresti sono stati disposti dal gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Bari. Si tratta di quattro esponenti del clan Strisciuglio ritenuti, a vario titolo, responsabili dell'omicidio e, per tre di loro, anche del reato di estorsione, aggravati dal metodo mafioso.
L'indagine ha consentito di rivelare che l'uomo, apparentemente suicida, è stato in realtà ucciso per un regolamento di conti all'interno della consorteria mafiosa degli Strisciuglio, determinato dalla volontà del Vasienti di collaborare con la giustizia. Grazie, quindi, alle intercettazioni e alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, è emerso che Vasienti, stanco delle continue vessazioni patite da esponenti del clan Strisciuglio e amareggiato per l'assassinio del suo amico Luigi Luisi – deceduto il 14 novembre 2016 a causa delle ferite riportate nel corso di un agguato mafioso avvenuto il precedente 31 ottobre – aveva deciso di collaborare con la giustizia. Una collaborazione che avrebbe messo in pericolo il suo clan di riferimento.
Le indagini hanno, inoltre, consentito di accertare sia i ruoli che le singole responsabilità nell'omicidio ed individuare tanto il mandante quanto gli esecutori materiali, i quali avevano inscenato un'impiccagione mentre, in realtà, si era trattato di uno strangolamento.
Quando fu trovato il cadavere, infatti, la vicenda fu inquadrata come un suicidio ma oltre un anno dopo la procura aprì una indagine per omicidio sulla base di alcuni elementi raccolti dalla squadra mobile. L'abitazione era chiusa dall'interno, ma una finestra era aperta. Il cadavere di Vasienti fu trovato sul pavimento con evidenti segni di soffocamento dovuti apparentemente all'impiccagione avvenuta con un lenzuolo attaccato ad un bastone appendiabiti dell'armadio della camera da letto. Ma la posizione del cadavere, la distanza dall'armadio, non parvero compatibili con il suicidio.
L'indagine ha consentito di rivelare che l'uomo, apparentemente suicida, è stato in realtà ucciso per un regolamento di conti all'interno della consorteria mafiosa degli Strisciuglio, determinato dalla volontà del Vasienti di collaborare con la giustizia. Grazie, quindi, alle intercettazioni e alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, è emerso che Vasienti, stanco delle continue vessazioni patite da esponenti del clan Strisciuglio e amareggiato per l'assassinio del suo amico Luigi Luisi – deceduto il 14 novembre 2016 a causa delle ferite riportate nel corso di un agguato mafioso avvenuto il precedente 31 ottobre – aveva deciso di collaborare con la giustizia. Una collaborazione che avrebbe messo in pericolo il suo clan di riferimento.
Le indagini hanno, inoltre, consentito di accertare sia i ruoli che le singole responsabilità nell'omicidio ed individuare tanto il mandante quanto gli esecutori materiali, i quali avevano inscenato un'impiccagione mentre, in realtà, si era trattato di uno strangolamento.
Quando fu trovato il cadavere, infatti, la vicenda fu inquadrata come un suicidio ma oltre un anno dopo la procura aprì una indagine per omicidio sulla base di alcuni elementi raccolti dalla squadra mobile. L'abitazione era chiusa dall'interno, ma una finestra era aperta. Il cadavere di Vasienti fu trovato sul pavimento con evidenti segni di soffocamento dovuti apparentemente all'impiccagione avvenuta con un lenzuolo attaccato ad un bastone appendiabiti dell'armadio della camera da letto. Ma la posizione del cadavere, la distanza dall'armadio, non parvero compatibili con il suicidio.
Custodia cautelare in carcere:
- Remini Domenico, detto «Pondin», nato a Bari il 18/11/1987, ivi residente;
- Remini Gaetano, nato a Bari il 26/06/1998, ivi residente;
- Sardella Donato, detto «Peter», nato a Bari il 05/09/1996, ivi residente;
- Tritto Giovanni, detto «Giovanni piccolino», nato a Bari il 18/07/1990, ivi residente.