Giovanni Malagò al PoliBa: «Puglia eccellenza dello sport al Sud»

Il presidente del CONI: «Il calcio? Confido che si tiri fuori da solo dall’impasse»

lunedì 27 novembre 2017 18.35
A cura di Riccardo Resta
A Bari si discute dell'integrazione nel tessuto urbanistico delle città italiane con gli impianti sportivi, di modelli sostenibili e di trasformazione urbana attraverso la pratica sportiva.

Nell'aula magna del Politecnico di Bari, infatti, si è tenuto questo pomeriggio il seminario "Lo Sport Nei Processi di Trasformazione Urbana: Città Attive, un Modello Sostenibile", che ha concluso una tre giorni di discussioni organizzata dal CONI Puglia in collaborazione con Regione Puglia e UIA – Unione Internazionale degli Architetti, e che ha visto protagoniste anche le vicine Giovinazzo e Matera.

Alle discussioni ha preso parte anche il presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano Giovanni Malagò, in questi giorni in Puglia per alcune visite istituzionali e per presiedere, domani, la riunione della Giunta Nazionale del CONI, che si terrà per la prima storica volta a Bari (presso il Palazzo della Città Metropolitana).

La relazione tra sport e periferie, quindi, al centro delle discussioni del CONI in Puglia, regione che, come dice il presidente Malagò, «Ha delle eccellenze così come delle dinamiche critiche da non sottovalutare. Di certo c'è che la Puglia, rispetto ad altre regioni anche più popolose del Sud Italia, è un passo avanti. Tutto, ovviamente, passa dall'impiantistica sportiva: con il fondo "Sport e Periferie" diverse iniziative sono partite qui in Puglia, che adesso partecipa anche a un altro bando su cui io non posso metter bocca, ma dal quale mi auguro ugualmente che possa venirsi a creare una nuova generazione di infrastrutture sportive», spiega il numero uno dello sport azzurro.

La Puglia, quindi, come tutte le regioni del Sud vive situazioni critiche, ma è anche terra di importanti eccellenze sportive che possono anche essere traino per un riscatto sociale del Mezzogiorno. «Stamattina – prosegue Malagò – ero a Mesagne dove ho visto qualcosa di unico, cioè la formidabile palestra "New Martial", guidata da un gigante come Roberto Baglivo che è stato l'allenatore di Carlo Molfetta, unica medaglia d'oro olimpica (nel taekwondo, NdR) vivente che può vantare la Puglia nelle discipline individuali. Secondo me bisogna puntare su queste "enclave" territoriali che con il progetto "Sport e Periferie" vanno sostenute. Domani, non a caso, sarò a Barletta, dove con questo fondo abbiamo finanziato il rifacimento della storica pista su cui si è formato Pietro Mennea prima di andare a Formia e in primavera tornerò in Puglia, e in particolare in provincia di Foggia, dove ci sono realtà della scherma strepitose», annuncia Malagò.

Non solo calcio, quindi: è tutto un movimento sportivo che in Italia ha bisogno di nuova linfa, a partire dalle infrastrutture sportive ma anche da una conoscenza approfondita di diverse realtà in cui l'azzurro è sinonimo di eccellenza planetaria. «Il tema delle riforme – approfondisce Malagò – vale per il calcio ma anche per tutto il resto, dalla politica ad altri settori. Sotto il profilo dei numeri olimpici non è vero che il movimento sportivo italiano sia in crisi, anzi. Logicamente, ci sono degli sport che non vanno bene, a differenza di altri in cui siamo i primi della classe. Penso, in assoluto, che l'Italia sia tra i primi dieci paesi del mondo sotto qualsiasi angolazione sportiva: in alcune discipline siamo i primi, in altre siamo i ventesimi, e in media siamo tra il quinto e l'ottavo posto. Gli altri settori in cui l'Italia abbia una classifica così positiva si contano veramente sulla punta delle dita, ma questo non vuol dire che anche noi non dobbiamo migliorare e io sto provando a farlo. Il CONI, comunque, è e resta una struttura pubblica, e quindi i tempi sono inevitabilmente dilatati».

Il nodo centrale, tuttavia, resta il calcio, che è una vera e propria locomotiva della vita non solo sportiva ma anche economica del Paese, e che dopo la disastrosa esperienza Ventura e la conseguente mancata qualificazione ai Mondiali vive il periodo di crisi più nera della sua storia. Ne ha parlato stamani anche il presidente del Torino Urbano Cairo, che a Radio Anch'Io Sport ha sconsigliato a Malagò di entrare a gamba tesa nella politica della Federcalcio con un commissariamento, dicendo che in questo momento il pallone italiano non ha bisogno di`«Primi della classe». In queste ore è, infatti, in corso l'assemblea della Lega Serie A, che è un tassello fondamentale per ricomporre il puzzle di un calcio spaccato, sia a livello tecnico che a livello dirigenziale. «Sono onorato che Cairo mi consideri un primo della classe – dice ironicamente Malagò. Ha certamente ragione quando dice che non c'è una ricetta unica per sistemare i mali del calcio italiano. Se il calcio riesce autonomamente a tirarsi fuori da una situazione che è sotto gli occhi di tutti ben venga. Ci sono, però, da considerare non solo gli aspetti sportivi, ma anche gli aspetti statutari relativi alle componenti varie del movimento, all'individuazione di persone all'interno della governance della Lega, eccetera; se il calcio riuscirà a fare tutto questo io non farò altro che condividerne le scelte».

Sul nuovo presidente di Lega A, Malagò aggiunge: « È un vero e proprio totocalcio; la partita è molto aperta ma io non sono un tifoso di una soluzione rispetto a un'altra. Dico semplicemente che non è normale che da mesi vada avanti un commissariamento della Lega che, a sua volta, arriva da molti altri mesi (a partire dal decadimento del precedente presidente) senza trovare una quadra. C'è evidentemente una formula che funziona poco e male, e questo è un dato di fatto».

L'ipotesi, estrema ma non irrealistica visto lo stato assolutamente emergenziale il cui versa il calcio italiano e soprattutto la principale Lega professionistica, è che alcune società si stacchino dalla Federcalcio per seguire un esempio che in Inghilterra sta iniziando a funzionare. «Ho letto queste cose e con qualche presidente ne abbiamo anche parlato – chiarisce Malagò – ma il Inghilterra tante cose sono diverse rispetto all'Italia, a cominciare dalla vicinanza ridottissima dei presidenti alle squadre. Lì prevale la figura del manager sotto tutti i punti di vista e anche chi gestisce la Premier League è un soggetto al cento per cento terzo, mentre qui lo statuto prevede che l'organo di rappresentanza sia formato da quattro persone scelte all'interno delle società. Se, quindi, si vogliono scimmiottare altri sistemi che lo si faccia in maniera integrale, e non solo a pezzi. E comunque si passa sempre per un contratto di servizio con la Federazione per tutte quelli che sono gli aspetti tecnici, normativi e regolamentari come, ad esempio, le designazioni arbitrali, l'antidoping e la giustizia sportiva. È un bel passo e, con franchezza, dico che oggi sarebbe quantomeno eufemistico che si opti per una soluzione del genere», conclude il presidente del CONI.