Di lotta e di governo, il Bari decolla con il profeta in patria
Regolato anche il Venezia, i galletti vedono il secondo posto. Bellomo carica: nascondersi non è più possibile
giovedì 2 marzo 2023
8.04
Quattro vittorie, un pareggio, tredici punti e tanto entusiasmo: è il bilancio che il Bari di mister Mignani raccoglie nelle ultime cinque giornate, coronate da ben sei punti in quattro giorni, a cavallo del turno infrasettimanale. Dopo l'assalto in casa del Brescia, i galletti servono il bis al San Nicola contro il Venezia, regolato 1-0 con cinismo e - va detto - anche con una discreta dose di fortuna.
Un successo dal notevole peso specifico, perché proietta i galletti a quota 46, appena una lunghezza in meno del Genoa che occupa - al momento - la seconda posizione, quella che vale la promozione diretta in serie A. Ma la vittoria contro gli arancioneroverdi vale più del semplice accrescimento di un bottino in classifica che scalda il cuore e riempie lo sguardo. Sì, perché il Bari dà continuità ai successi contro Spal, Cosenza e Brescia e al pareggio dorato strappato al Cagliari, con una prova di maturità e sofferenza, intelligenza e cuore. Un Bari di lotta e di governo, quello che regola la squadra di mister Vanoli, dimostratasi ben superiore rispetto alla povera classifica da zona playout. Tre punti, esattamente come tutti gli altri guadagnati nel recente periodo dal Bari, arrivati dopo un'atroce sofferenza; d'altra parte, però, con il girone di ritorno che entra nel vivo e con le squadre che si lottano tutti gli obiettivi in una B equilibratissima, pensare di poter passeggiare sarebbe una pia illusione.
In campo ci sono anche gli avversari, ripete Mignani come un mantra. Ma, a parte la banalità di una considerazione inattaccabile, il mister sta dando prova di aver preso le dovute contromisure, vestendo il suo Bari con la tuta da lavoro piuttosto che con lo smoking. Nella sfida infrasettimanale al San Nicola, infatti, i galletti tirano fuori tutti i pezzi del repertorio, sensibilmente ampliato rispetto alle prime uscite stagionali, quelle che avevano gettato le basi per una classifica così interessante a inizio marzo.
Il primo tempo è bello, tambureggiante e divertente. Mignani dosa bene il turn over, e con gli ingressi di Molina e Bellomo ravviva il centrocampo e sopperisce alle assenze forzate di Maita e Folorunsho. Il Bari crea e va vicino alla rete con un gigantesco Antenucci, pilastro biancorosso anche a 39 anni suonati, ma senza trovare lo spunto giusto; bene comunque il rientrante Ricci, molto propositivo a sinistra nella prima frazione. Dall'altra parte è Caprile a chiudere, insieme a Benedetti, su Busio e Candela per conservare equilibrio e parità tra due squadre che se le danno, senza paura di prenderle.
Nella ripresa lo spartito cambia, e il Bari si ritrova a inciampare nel vecchio vizio. La fisicità del Venezia, ridisegnato da Vanoli con l'ingresso di Tcherychev, invoglia ancora di più i galletti ad abbassarsi troppo a ridosso della loro area, correndo grossi rischi. Un po' di fortuna, dicevamo sopra, è quella che serve al Bari per uscire indenne dall'allarme rosso che suona al 10': Pohjanpalo la scaraventa in rete dal limite, ma la buona sorte del Bari conduce lo sguardo di Var e arbitro sulla manata di Tcherychev al volto di Ricci, e tutto viene annullato. Un bel sospirone di sollievo per i galletti, che possono rilassare le spalle con l'aria di chi ha portato a casa una signora sfangata.
La grande forza del Bari di Mignani, però, sta in uno spirito resiliente che permette ai biancorossi di resettare tutto in pochissimo tempo e affondare il colpo da ko al mento dell'avversario. Stavolta Mignani il "temporeggiatore" ha ragione, perché al 19' Molina mette sul capoccione di Bellomo (prossimo al cambio) il pallone perfetto da spingere in rete, per il goal vittoria. È l'ultimo sussulto nella partita del talento di Bari vecchia, che poi lascia il posto a Zuzek per il passaggio al 3-5-2 speculare rispetto al Venezia, con l'ingresso di Mallamo e Benali a irrobustire la mediana.
Ha avuto ragione Mignani, ancora una volta. Nel finale, quando c'è da lottare e da governare il vantaggio, anche Cheddira si abbassa tra centrocampo e difesa per proteggere il pallone, beccarsi qualche calcione ben assestato e far rifiatare la squadra. È lo spirito di gruppo, che il tecnico non ha mancato di sottolineare nel post gara, quello che ha - finora - permesso al Bari di inserirsi nella lotta al vertice pur essendo una neopromossa.
Ma sulla copertina di questo successo finisce il faccione sorridente di Bellomo, alla guida del trenino sotto la curva nord. Da oggetto "vintage" finito nel dimenticatoio a profeta in patria (servono tutti, bravo Mignani a far sentire coinvolto ogni elemento della rosa), nello spazio di una notte di inizio marzo: il Bari decolla con il vento in poppa soffiato da un barese, cavallo di ritorno, autore di un goal dal peso che ancora non abbiamo gli strumenti necessari per quantificare.
Ma non c'è solo questo. Nel post gara Bellomo è il primo a far cadere quella cortina fumogena di protettiva ipocrisia dietro alla quale i tesserati della SSC Bari si sono trincerati da inizio stagione. Il buon Nicola da Bari vecchia lo dice chiaramente: salvezza raggiunta (già da un pezzo, aggiunge chi scrive), ora non ci si può più nascondere. E di nascondersi, peraltro, Bellomo non sembrerebbe avere particolare voglia: siamo in ballo, tanto vale ballare.
Finalmente anche dalla squadra arriva quel messaggio chiaro che, invece, la piazza ha interiorizzato fin dai primi vagiti di una stagione sorprendente e trascinante. Che sia promozione diretta, che siano playoff, allo stato attuale delle cose importa molto relativamente: nascondersi è impossibile, sognare è invece un dovere. Ora si va ad Ascoli, per continuare a dar fastidio al Genoa, per insidiare il secondo posto, per credere in un obiettivo che è andato concretizzandosi strada facendo, e che ora sarebbe un delitto non provare a inseguire. I De Laurentiis faranno bene ad accelerare i discorsi per la risoluzione del nodo multiproprietà: Bari vuole sentirsi libera di guardare il cielo senza paura del sole negli occhi.
Un successo dal notevole peso specifico, perché proietta i galletti a quota 46, appena una lunghezza in meno del Genoa che occupa - al momento - la seconda posizione, quella che vale la promozione diretta in serie A. Ma la vittoria contro gli arancioneroverdi vale più del semplice accrescimento di un bottino in classifica che scalda il cuore e riempie lo sguardo. Sì, perché il Bari dà continuità ai successi contro Spal, Cosenza e Brescia e al pareggio dorato strappato al Cagliari, con una prova di maturità e sofferenza, intelligenza e cuore. Un Bari di lotta e di governo, quello che regola la squadra di mister Vanoli, dimostratasi ben superiore rispetto alla povera classifica da zona playout. Tre punti, esattamente come tutti gli altri guadagnati nel recente periodo dal Bari, arrivati dopo un'atroce sofferenza; d'altra parte, però, con il girone di ritorno che entra nel vivo e con le squadre che si lottano tutti gli obiettivi in una B equilibratissima, pensare di poter passeggiare sarebbe una pia illusione.
In campo ci sono anche gli avversari, ripete Mignani come un mantra. Ma, a parte la banalità di una considerazione inattaccabile, il mister sta dando prova di aver preso le dovute contromisure, vestendo il suo Bari con la tuta da lavoro piuttosto che con lo smoking. Nella sfida infrasettimanale al San Nicola, infatti, i galletti tirano fuori tutti i pezzi del repertorio, sensibilmente ampliato rispetto alle prime uscite stagionali, quelle che avevano gettato le basi per una classifica così interessante a inizio marzo.
Il primo tempo è bello, tambureggiante e divertente. Mignani dosa bene il turn over, e con gli ingressi di Molina e Bellomo ravviva il centrocampo e sopperisce alle assenze forzate di Maita e Folorunsho. Il Bari crea e va vicino alla rete con un gigantesco Antenucci, pilastro biancorosso anche a 39 anni suonati, ma senza trovare lo spunto giusto; bene comunque il rientrante Ricci, molto propositivo a sinistra nella prima frazione. Dall'altra parte è Caprile a chiudere, insieme a Benedetti, su Busio e Candela per conservare equilibrio e parità tra due squadre che se le danno, senza paura di prenderle.
Nella ripresa lo spartito cambia, e il Bari si ritrova a inciampare nel vecchio vizio. La fisicità del Venezia, ridisegnato da Vanoli con l'ingresso di Tcherychev, invoglia ancora di più i galletti ad abbassarsi troppo a ridosso della loro area, correndo grossi rischi. Un po' di fortuna, dicevamo sopra, è quella che serve al Bari per uscire indenne dall'allarme rosso che suona al 10': Pohjanpalo la scaraventa in rete dal limite, ma la buona sorte del Bari conduce lo sguardo di Var e arbitro sulla manata di Tcherychev al volto di Ricci, e tutto viene annullato. Un bel sospirone di sollievo per i galletti, che possono rilassare le spalle con l'aria di chi ha portato a casa una signora sfangata.
La grande forza del Bari di Mignani, però, sta in uno spirito resiliente che permette ai biancorossi di resettare tutto in pochissimo tempo e affondare il colpo da ko al mento dell'avversario. Stavolta Mignani il "temporeggiatore" ha ragione, perché al 19' Molina mette sul capoccione di Bellomo (prossimo al cambio) il pallone perfetto da spingere in rete, per il goal vittoria. È l'ultimo sussulto nella partita del talento di Bari vecchia, che poi lascia il posto a Zuzek per il passaggio al 3-5-2 speculare rispetto al Venezia, con l'ingresso di Mallamo e Benali a irrobustire la mediana.
Ha avuto ragione Mignani, ancora una volta. Nel finale, quando c'è da lottare e da governare il vantaggio, anche Cheddira si abbassa tra centrocampo e difesa per proteggere il pallone, beccarsi qualche calcione ben assestato e far rifiatare la squadra. È lo spirito di gruppo, che il tecnico non ha mancato di sottolineare nel post gara, quello che ha - finora - permesso al Bari di inserirsi nella lotta al vertice pur essendo una neopromossa.
Ma sulla copertina di questo successo finisce il faccione sorridente di Bellomo, alla guida del trenino sotto la curva nord. Da oggetto "vintage" finito nel dimenticatoio a profeta in patria (servono tutti, bravo Mignani a far sentire coinvolto ogni elemento della rosa), nello spazio di una notte di inizio marzo: il Bari decolla con il vento in poppa soffiato da un barese, cavallo di ritorno, autore di un goal dal peso che ancora non abbiamo gli strumenti necessari per quantificare.
Ma non c'è solo questo. Nel post gara Bellomo è il primo a far cadere quella cortina fumogena di protettiva ipocrisia dietro alla quale i tesserati della SSC Bari si sono trincerati da inizio stagione. Il buon Nicola da Bari vecchia lo dice chiaramente: salvezza raggiunta (già da un pezzo, aggiunge chi scrive), ora non ci si può più nascondere. E di nascondersi, peraltro, Bellomo non sembrerebbe avere particolare voglia: siamo in ballo, tanto vale ballare.
Finalmente anche dalla squadra arriva quel messaggio chiaro che, invece, la piazza ha interiorizzato fin dai primi vagiti di una stagione sorprendente e trascinante. Che sia promozione diretta, che siano playoff, allo stato attuale delle cose importa molto relativamente: nascondersi è impossibile, sognare è invece un dovere. Ora si va ad Ascoli, per continuare a dar fastidio al Genoa, per insidiare il secondo posto, per credere in un obiettivo che è andato concretizzandosi strada facendo, e che ora sarebbe un delitto non provare a inseguire. I De Laurentiis faranno bene ad accelerare i discorsi per la risoluzione del nodo multiproprietà: Bari vuole sentirsi libera di guardare il cielo senza paura del sole negli occhi.