Presunte torture nel carcere di Bari, in dodici vanno a processo

La vittima sarebbe stato un detenuto con patologie psichiatriche

mercoledì 3 maggio 2023
Dodici tra agenti di polizia penitenziaria e infermieri in servizio al carcere di Bari sono stati rinviati a giudizio per le presunte torture avvenute il 27 aprile 2022 a danno di un detenuto con patologie psichiatriche. È quanto ha stabilito la gup Rossana De Cristofaro, nell'udienza svoltasi ieri nell'aula "bunker" di Bitonto.

Il dibattimento per i 12 imputati inizierà il 21 giugno dinanzi al Tribunale di Bari. Come riporta l'agenzia di stampa Ansa, la giudice ha ammesso al processo con rito abbreviato tre imputati che ne avevano fatto richiesta: il sovrintendente di polizia penitenziaria Domenico Coppi, l'agente Roberto Macchia e il medico Gianluca Palumbo.

Secondo quanto ricostruito dall'accusa, sei agenti della polizia penitenziaria avrebbero torturato un detenuto di 41 anni dopo che questi aveva dato fuoco a un materasso nella sua cella. Le violenze avrebbero avuto inizio lungo il percorso dalla cella all'infermeria, con il personale che - come è scritto negli atti giudiziari - sarebbe intervenuto «Con violenze gravi e agendo con crudeltà». Stando alla dinamica ricostruita dagli inquirenti, i presunti colpevoli prima avrebbero scaraventato la vittima sul pavimento, per poi colpirlo con calci e schiaffi sulla schiena, sul torace, sui fianchi e sul volto, «Sottoponendolo per circa quattro minuti a un trattamento inumano e degradante». Uno degli agenti, per tenere fermo il detenuto, lo avrebbe bloccato mettendosi di peso sui suoi piedi.

In totale sono undici gli agenti coinvolti: tre sono finiti ai domiciliari e sei sono stati sospesi fino a 12 mesi nel novembre 2022.

Ai poliziotti non accusati di tortura la Procura di Bari ha, però, contestato di non aver fermato e di non aver denunciato le violenze. Anche gli infermieri andranno a processo con l'accusa di omessa denuncia, mentre il medico - che ha optato per il processo con il rito abbreviato - è accusato anche di falso in atto pubblico per non aver refertato le ferite riportate dal detenuto.

L'inchiesta è stata condotta dal procuratore aggiunto Giuseppe Maralfa e dalla sostituta Carla Spagnuolo.