"Mai Soli", progetto di assistenza psico-sociale Comune-Asl Bari compie un anno: «Avviati 12 casi»

Buonsante (Asl): «Fondamentale recupero di spazi sociali». Bottalico: «Obiettivo far vivere la normalità a chi non è percepito come “normale”»

mercoledì 24 gennaio 2018 13.37
A cura di Riccardo Resta
Un anno fa, con l'approvazione del disciplinare condiviso da assessorato al Welfare del Comune di Bari e Asl/Bari, prendeva piede "Mai Soli", il progetto interistituzionale di affido degli adulti in situazioni di disagio psico-sociale. Un'iniziativa, volta a garantire il soddisfacimento dei bisogni fondamentali delle persone disabili prive di assistenza familiare grazie all'inserimento in contesti sociali calorosi e accoglienti, che ha visto la partecipazione attiva e coinvolta di famiglie e singoli cittadini baresi. Essi, infatti, hanno accettato di assumere l'impegno di rispondere con puntualità e costanza ai bisogni dei soggetti affetti da disturbi psico-sociali a loro affidati, favorendo lo sviluppo dei legami umani necessari nel percorso di cura.

Un progetto per molti versi "visionario", che ha messo in rete tanti attori territoriali, a partire dal Welfare cittadino e dal Centro di Salute Mentale della Asl/Bari, per giungere alla popolazione che ha risposto con forza "presente".

«Si tratta - spiega l'assessore al Welfare del Comune di Bari Francesca Bottalico presentando i dati relativi al primo anno di "Mai Soli" - di un valido esempio di progetto interistituzionale, che ha visto la collaborazione tra assessorato al Welfare e Centro di Salute Mentale dell'Asl Bari. "Mai Soli" è un'iniziativa che che si rivolge a soggetti con disagio psico-sociale, e che rientra nel più ampio tentativo di rispondere a bisogni sociali sempre in aumento. Insieme abbiamo avviato un avviso pubblico rivolto chiunque volesse dedicare il proprio tempo agli altri in un ambito formativo e istituzionale, ricevendo numerose risposte da cittadini provenienti da diverse fasce sociali. Pertanto, è stata istituita un'equipe professionale che ha valutato le competenze trasversali di chi si è fatto avanti, e su ogni cittadino fragile è stato creato un percorso individuale di assistenza. Dando parimenti ascolto alle famiglie, che sono soggetti altrettanto importanti nel percorso di sostegno, i destinatari dell'assistenza sono stati affiancati sia nelle attività domestiche che negli altri vari luoghi della città. I casi avviati finora con questa metodologia sono dodici, per cui sono state impiegati 40.000 Euro, e nel frattempo ne stiamo valutando altri otto».

"Mai Soli" ha messo in evidenza, quindi, il profondo legame tra la cura psichiatrica e l'ampio spettro dei servizi Welfare, nel tentativo d'inserire i pazienti in contesti sociali che ne facessero percepire la "normalità". «Da un lato - prosegue Maristella Buonsante, direttore del Centro Salute Mentale dell'Asl Bari - questo tipo di progetti sono una goccia nel mare; dall'altro sono, invece, molto ambiziosi. Abbiamo bisogno di studiare percorsi che presuppongano un'individualizzazione del percorso terapeutico per i circa 4.000 pazienti psichiatrici in città: se è vera la necessità scientifica di trovare caratteristiche comuni che categorizzino i vari casi, è altresì necessario individuare percorsi singoli modellati sulle esigenze dei pazienti e sul loro contesto ambientale».

Ed è proprio l'inserimento in un consolidato contesto sociale la pietra angolare per individuare i percorsi di cura adatti a ogni singolo paziente. Una strada che si è iniziata a percorrere nel 1978, con l'approvazione della Legge Basaglia (altrimenti nota come Legge 180), che imponeva la chiusura dei manicomi e disciplinava il trattamento sanitario obbligatorio mediante l'istituzione di presidi di salute mentale pubblici. «La ricchezza della Legge 180 - prosegue Buonsante - è rappresentata dal cambio nella visione culturale dei problemi psico-sociali in Italia; questa è una delle strade che permette un alleggerimento dei compiti che gravano sulle famiglie. Nel nostro caso, fondamentale è stato lo scambio di idee con l'assessore Bottalico, la quale ha voluto far tesoro della nostra quarantennale esperienza. L'obiettivo che il Welfare deve provare a perseguire è la creazione di luoghi di aggregazione dove costruire una comunità di interessi vicini e che resista ai tanti problemi della solitudine».

Un problema annoso, che a Bari si ripresenta ogni volta insieme alla necessità di trovare spazi fisici adatti a diventare luoghi sociali. «La mancanza di spazi - continua ancora Bottalico - è un tema molto forte nella nostra città, tanto che il Welfare è costretto a investire impegni di spesa per l'affitto di alcuni luoghi di socialità. Noi abbiamo lavorato molto sull'avvio di nuovi centri generali che abbiano attenzione al disagio sociale, che esiste anche tra i giovani fino a evolvere in alcuni casi in situazioni di tipo psico-sociale. Pur con tutte le difficoltà incontrate nel reperire spazi idonei a favorire la socialità, in questo anno abbiamo lavorato molto sui contributi ad associazioni ed enti culturali rivolti ai soggetti in difficoltà, coinvolgendo anche il privato sociale e il mondo del profit. Il tutto con un solo obiettivo: far vivere la normalità a chi spesso non viene visto come "normale" dagli altri».