L’emendamento che renderebbe la marijuana light Monopolio di Stato
Le ultime decisioni a livello politico sul tema
giovedì 10 febbraio 2022
Il mercato della cannabis light è da diversi anni al centro dell'attenzione per diversi motivi. Tra questi, è possibile citare la sua portata innovativa per l'economia italiana (ha permesso, di fatto, di sradicare l'equazione "canapa = illegalità e sommerso), ma anche i numerosi buchi normativi e i cambiamenti, legati sempre alla legge, che, potenzialmente, lo mettono a forte rischio.
Tra i più recenti è possibile citare un emendamento alla Legge di Bilancio proposto da due parlamentari PD, ossia gli onorevoli Mino Tarico e Caterina Biti. Perché, come sopra specificato, se dovesse diventare realtà sarebbe esiziale per la filiera che ruota attorno all'erba legale con THC basso? Perché si propone di includere la pianta appena menzionata, assieme ai prodotti da essa derivati, tra le merci soggette a Monopolio di Stato.
Entrando nel vivo dello scenario che si prefigurerebbe nell'eventualità di un'approvazione facciamo presente che, in tal caso, la cannabis regolamentata dalla Legge 242/2016, verrebbe venduta unicamente dagli esercizi che, sulla base delle disposizioni previste dalla Legge 1293 del 22 dicembre 1937, possono commercializzare i generi oggetto di Monopolio di Stato, ossia le tabaccherie. Se l'emendamento dovesse passare, tra le realtà autorizzate a vendere la cannabis depotenziata rientrerebbero anche i negozi di sigarette elettroniche.
Un cambiamento drastico se si considera lo status quo che regna nel momento in cui stiamo scrivendo queste righe. A cinque anni dal gennaio 2017, momento dell'entrata in vigore della Legge 242/2016, sono numerosi, su tutto il territorio internazionale, gli imprenditori che vendono cannabis light e prodotti da essa derivati sia tramite esercizi fisici, sia attraverso il web.
Le realtà in questione devono attenersi a specifiche regole - possono vendere solo cannabis con i limiti sopra citati di THC e, in caso di commercializzazione di semi, proporre solamente quelli iscritti al Registro Europeo delle Sementi - ma non hanno nulla a che fare con i Monopoli di Stato.
Sono realtà imprenditoriali nate dalla libera iniziativa di singole persone che, in questi anni, hanno aperto un capitolo molto importante per la nostra economia. Il business della cannabis light, pur essendo relativamente giovane, è protagonista di un giro d'affari considerevole e dà lavoro a circa 10mila persone.
In quel periodo, le imprese del settore hanno vissuto giorni dimenticabili a seguito di un decreto emanato dal Ministro della Salute Roberto Speranza che si proponeva di inserire il CBD nell'elenco delle sostanze stupefacenti. Il suddetto decreto è stato poi ritirato dal titolare del dicastero, con la promessa della convocazione di un tavolo di lavoro di esperti con il fine di trattare la materia in "maniera sistematica e complessiva".
A rendere la situazione problematica ci penserebbe anche la sopra citata tassazione. Come sottolineato da diversi imprenditori del settore che sono stati intervistati da testate giornalistiche e trasmissioni da quando si è iniziato a parlare dell'emendamento, la cannabis light è un prodotto diverso dal tabacco e richiede un processo di lavorazione molto più complesso e lungo.
Dai sopra citati attori della filiera, è partita anche la proposta della creazione di un fondo economico per le aziende che, a causa dei vuoti e dei cambiamenti normativi, hanno subito ingenti danni.
Tra i più recenti è possibile citare un emendamento alla Legge di Bilancio proposto da due parlamentari PD, ossia gli onorevoli Mino Tarico e Caterina Biti. Perché, come sopra specificato, se dovesse diventare realtà sarebbe esiziale per la filiera che ruota attorno all'erba legale con THC basso? Perché si propone di includere la pianta appena menzionata, assieme ai prodotti da essa derivati, tra le merci soggette a Monopolio di Stato.
Entrando nel vivo dello scenario che si prefigurerebbe nell'eventualità di un'approvazione facciamo presente che, in tal caso, la cannabis regolamentata dalla Legge 242/2016, verrebbe venduta unicamente dagli esercizi che, sulla base delle disposizioni previste dalla Legge 1293 del 22 dicembre 1937, possono commercializzare i generi oggetto di Monopolio di Stato, ossia le tabaccherie. Se l'emendamento dovesse passare, tra le realtà autorizzate a vendere la cannabis depotenziata rientrerebbero anche i negozi di sigarette elettroniche.
Un cambiamento drastico se si considera lo status quo che regna nel momento in cui stiamo scrivendo queste righe. A cinque anni dal gennaio 2017, momento dell'entrata in vigore della Legge 242/2016, sono numerosi, su tutto il territorio internazionale, gli imprenditori che vendono cannabis light e prodotti da essa derivati sia tramite esercizi fisici, sia attraverso il web.
Le realtà in questione devono attenersi a specifiche regole - possono vendere solo cannabis con i limiti sopra citati di THC e, in caso di commercializzazione di semi, proporre solamente quelli iscritti al Registro Europeo delle Sementi - ma non hanno nulla a che fare con i Monopoli di Stato.
Sono realtà imprenditoriali nate dalla libera iniziativa di singole persone che, in questi anni, hanno aperto un capitolo molto importante per la nostra economia. Il business della cannabis light, pur essendo relativamente giovane, è protagonista di un giro d'affari considerevole e dà lavoro a circa 10mila persone.
Gli altri dettagli dell'emendamento
Sono altri i dettagli da citare in merito all'emendamento a cui stiamo dedicando questo articolo. Tra questi, rientra la tassazione che, in caso di approvazione, corrisponderebbe al 23,5%.La reazione delle aziende del settore
La reazione delle aziende che operano nella filiera della cannabis è stata - non servirebbe neanche dirlo - tutto tranne che positiva. In caso di approvazione, numeri alla mano, si andrebbero a perdere quasi 7mila posti di lavoro. Un'eventualità che comprensibilmente spaventa e che fa tornare indietro nel tempo alla fine del 2020, per la precisione al mese di novembre.In quel periodo, le imprese del settore hanno vissuto giorni dimenticabili a seguito di un decreto emanato dal Ministro della Salute Roberto Speranza che si proponeva di inserire il CBD nell'elenco delle sostanze stupefacenti. Il suddetto decreto è stato poi ritirato dal titolare del dicastero, con la promessa della convocazione di un tavolo di lavoro di esperti con il fine di trattare la materia in "maniera sistematica e complessiva".
A rendere la situazione problematica ci penserebbe anche la sopra citata tassazione. Come sottolineato da diversi imprenditori del settore che sono stati intervistati da testate giornalistiche e trasmissioni da quando si è iniziato a parlare dell'emendamento, la cannabis light è un prodotto diverso dal tabacco e richiede un processo di lavorazione molto più complesso e lungo.
Dai sopra citati attori della filiera, è partita anche la proposta della creazione di un fondo economico per le aziende che, a causa dei vuoti e dei cambiamenti normativi, hanno subito ingenti danni.