Carcere di Bari, aggrediti due agenti di polizia penitenziaria da un detenuto

L'uomo, italiano di trent'anni, soffre di disturbi psichiatrici. Il Sippe: «Situazione inaccettabile»

lunedì 8 maggio 2023 20.01
Nella serata di sabato scorso, 6 maggio, un detenuto Italiano di circa 30 anni ha aggredito due agenti di polizia penitenziaria in servizio nel carcere di Bari. Non si conoscono i motivi che hanno portato il detenuto a compiere il gesto, ma è certo che si tratti di un soggetto con problemi di natura psichiatrica.

A darne notizia sono i sindacalisti del Si.P.Pe. (sindacato polizia penitenziaria) Carmine Olanda e Ciro Borrelli, che tornano a denunciare gli eventi critici e le condizioni di lavoro degli agenti in servizio nel penitenziario di Bari e in tutte le carceri italiane.

«I due agenti aggrediti – commenta Olanda – sono stati visitati dai sanitari del Policlinico di Bari, ricevendo dodici giorni di prognosi per entrambi. Non è la prima volta che succedono casi simili, il detenuto in argomento è stato più volte sottoposto al trattamento sanitario obbligatorio ma tutt'oggi l'amministrazione preferisce gestirlo in custodia dalla polizia penitenziaria come se fosse un semplice detenuto comune».

«Abbiamo sempre denunciato - commenta Borrelli – che i detenuti che manifestano di avere problemi di natura psichiatrica devono essere costantemente gestiti da personale specializzato nel settore. È inaccettabile che per sedare un detenuto violento che manifesta di avere questo tipo di tipologia gli agenti di polizia penitenziaria rischiano di essere indagati per tortura come è già successo poco tempo fa nel penitenziario di Bari, che ha visto 15 tra agenti e sanitari indagati per reato di tortura. È uno scandalo».

«La polizia penitenziaria ogni giorno subisce aggressioni da parte dei detenuti – continua Olanda – nessuno ne parla e nessuno si domanda il perché succede questo, tutti danno per scontato che è un rischio del mestiere ma in realtà non è così, il carcere non è un albergo e le regole vanno rispettate».

«Abbiamo necessità di avere come arma di reparto il taser – conclude Borrelli – perché oltre alla difficile gestione dei detenuti che manifestano di avere problemi di natura psichiatrica, non possiamo accettare di subire ulteriori umiliazioni da parte di quei detenuti che si trovano condannati e decidono di commettere un fatto gravissimo come quello dell'aggressione perché non assecondati alle loro richieste. Come sindacato chiediamo con forza che venga modificato l'articolo 336 del codice penale, prevedendo un aggravante speciale, quindi un inasprimento della pena, per chiunque usa violenza o minaccia il Poliziotto Penitenziario all'interno di una struttura detentiva».