Bari, ex giudice Bellomo respinge le accuse: "Nessun maltrattamento alle sue allieve"

Il direttore scientifico della scuola di magistratura accusato di aver chiesto favori sessuali alle sue vittime, ha risposto per 9 ore ai magistrati

martedì 16 luglio 2019 19.54
È durato oltre nove ore l'interrogatorio di garanzia dell'ex giudice barese, docente e direttore scientifico dei corsi post-universitari per la preparazione al concorso in magistratura Francesco Bellomo accusato di maltrattamenti estorsioni e calunnia nei confronti delle sue allieve balzato agli onori della cronaca per il famoso 'dress code' a sfondo sessuale.
Bellomo secondo quanto riportato dall'Ansa avrebbe "contrastato in modo molto rigoroso e documentato tutte le accuse che gli vengono rivolte", al termine dell'interrogatorio, dopo aver depositato anche una memoria difensiva, i difensori di Bellomo, Beniamino Migliucci e Gianluca D'Oria, hanno chiesto la revoca degli arresti domiciliari ai quali l'ex giudice è sottoposto da una settimana.
L'ex giudice utilizzando l'artifizio delle borse di studio offerte dalla società per selezionare ed avvicinare le allieve nei confronti delle quali nutriva interesse anche sessuale, imponeva una serie di obblighi e di divieti. Tra questi l'obbligo di fedeltà nei confronti del direttore scientifico, divieto di avviare o mantenere relazioni intime con soggetti che non raggiungessero un determinato punteggio attribuito secondo l'insindacabile giudizio dello stesso Bellomo. Instaurava inoltre con le borsiste rapporti confidenziali e, in alcuni casi, sentimentali e nell'ambito dei rapporti così creati, facendo leva sul rispetto degli obblighi assunti, poneva sistematiche condotte di sopraffazione, controllo, denigrazione ed intimidazione offendendone il decoro e la dignità personale, limitandone la libertà di autodeterminazione e riducendole in uno stato di prostrazione e soggezione psicologica. A Bellomo si contestano inoltre i reati di estorsione per avere, costretto una allieva e borsista, a rinunciare all'impiego di co-presentatrice in programmi televisivi in quanto incompatibile con l'immagine di aspirante magistrato e calunnia per un fatto diverso da quello relativo alla scuola di magistratura.