Arrestato l'ex giudice Bellomo, tra le accuse la calunnia al premier Conte

È stato posto ai domiciliari, deve rispondere anche dei maltrattamenti e delle minacce alle sue corsiste

martedì 9 luglio 2019 11.19
L'ex giudice Francesco Bellomo, quale docente e direttore scientifico dei corsi post-universitari per la preparazione al concorso in magistratura, è stato posto stamattina agli arresti domiciliari.

Le imputazioni contestate sono:
• maltrattamenti nei confronti di numerose allieve del corso, perché abusando dell'autorità derivantegli dal ruolo di docente svolto nei predetti corsi e dell'autorevolezza e del prestigio della sua funzione di magistrato amministrativo presso il Consiglio di Stato, utilizzando l'artifizio delle borse di studio offerte dalla società per selezionare ed avvicinare le allieve nei confronti delle quali nutriva interesse (anche al fine di esercitare nei loro confronti un potere di controllo personale e sessuale), imponeva una serie di obblighi e di divieti. Tra questi l'obbligo di fedeltà nei confronti del direttore scientifico, divieto di avviare o mantenere relazioni intime con soggetti che non raggiungessero un determinato punteggio attribuito secondo l'insindacabile giudizio dello stesso Bellomo. Instaurava inoltre con le borsiste rapporti confidenziali e, in alcuni casi, sentimentali e nell'ambito dei rapporti così creati, facendo leva sul rispetto degli obblighi assunti, poneva di fatto in essere, nei confronti delle stesse, sistematiche condotte di sopraffazione, controllo, denigrazione ed intimidazione in tal modo offendendone il decoro e la dignità personale, limitandone la libertà di autodeterminazione e riducendole in uno stato di prostrazione e soggezione psicologica;

• reato di estorsione per avere, costretto una allieva e borsista, a rinunciare all'impiego di co-presentatrice addetta alla postazione web in programmi televisivi in quanto incompatibile con l'immagine di aspirante magistrato e di borsista, minacciando di revocarle altrimenti la borsa di studio;

• calunnia perché, con atto di citazione con il quale chiedeva al Tribunale di Bari di condannare CONTE Giuseppe e PLANTAMURA Concetta, Vicepresidente e componente del CPGA, al risarcimento dei danni accusava falsamente gli stessi di esercitare in modo strumentale (e illegale) il potere disciplinare e di aver deliberatamente e sistematicamente svolto un'attività di oppressione della persona dell'attore mossi da un palese intento persecutorio.