A Francesca Albanese le chiavi della città di Bari: «Gesto di solidarietà con la Palestina»
La relatrice Onu: «Negazionismo? Giudicherà la storia». Leccese: «Polemiche centrodestra? La pace non può essere divisiva»
lunedì 4 agosto 2025
17.40
Bari consegna le chiavi della città a Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni unite per i Territori palestinesi occupati. Oggi pomeriggio, nel teatro comunale Niccolò Piccinni, il sindaco Vito Leccese ha conferito l'onorificenza ad Albanese, colei che da mesi denuncia il genocidio commesso da Israele nei confronti del popolo palestinese, vessato da 77 anni di occupazione, colonialismo e sterminio.
Un gesto simbolico ma dal grande impatto, quello di conferire le chiavi della città di Bari a Francesca Albanese, con cui il capoluogo pugliese intende denunciare i crimini contro l'umanità perpetrati dallo Stato ebraico, e richiamare anche il governo italiano ad allinearsi ad altri governi europei nel riconoscere lo Stato di Palestina.
«Grazie alle cittadine e ai cittadini baresi, all'amministrazione, al sindaco, alle consigliere e ai consiglieri - commenta Albanese. Un grandissimo onore nei miei confronti, in un momento difficile; un atto necessario di solidarietà con il popolo palestinese. Loro ci stanno dicendo "aiutateci a fermare questo massacro"; con loro forse una minoranza di israeliani e israeliane, che si battono contro genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità, contro l'apartheid. Abbiamo l'obbligo di rispondere, visto il silenzio inaccettabile del governo italiano e di altri governi europei».
Al nome di Francesca Albanese, nelle ultime settimane, è legato anche un gravissimo episodio, senza precedenti, vale a dire le intimidatorie sanzioni personali annunciate dal segretario di Stato americano Marco Rubio. «Non è normale che la relazione di un esperto tecnico delle Nazioni unite riceva le sanzioni più severe mai comminate a un individuo che rappresenta le Nazioni unite - dice ancora Albanese. È un'aberrazione, avrebbe dovuto esserci un moto di reazione da parte degli Stati. Qualcuno l'ha fatto, anche il Consiglio per i diritti umani, ma il fatto che l'Italia rimane silente non inganni: siamo il fanalino di coda di quel che resta del secolo scorso. Il mondo va avanti; il nuovo multilateralismo che difende il diritto internazionale, in contrapposizione a quello che gli Usa rappresentano oggi, è la lotta della legalità contro il suo contrario. I primi narratori di verità, come diceva Edward Said, sono i palestinesi che sono ancora sotto le bombe, sotto assedio, affamati. Sono i primi a raccogliere prove e testimonianze, essenziali per chi come me prova a raccontare un quadro fattuale e giuridico che ci richiama ai nostri obblighi istituzionali».
Con la sua ultima relazione, Albanese ha puntato la lente d'ingrandimento dell'Onu sulle commistioni tra il genocidio, le connivenze geopolitiche internazionali i grandi soggetti di capitale, che dallo sterminio sistematico del popolo palestinese traggono profitti macchiati di sangue. Eppure, nonostante il massacro "in diretta streaming", c'è chi (come la senatrice Segre, ma non solo) ne fa una questione terminologica, interrogandosi sull'opportunità o meno di utilizzare il concetto di "genocidio", e la parola relativa.
Una questione capziosa e oziosa, che strizza l'occhio al negazionismo. «Il termine "genocidio" è un termine come un altro, dal portato gravissimo come "crimini di guerra" e "crimini contro l'umanità", ciò che Israele commette dalla sua creazione contro il popolo palestinese - dichiara Albanese. Dal 1967 Israele mantiene un'occupazione che è fatta di crimini di guerra; ogni colonia è un crimine di guerra. Come mai si è aspettato fino al 2025 per riconoscere lo Stato di Palestina, quando la sua creazione è stata impossibilitata dalle colonie e allo spossessamento dei palestinesi stessi? Il genocidio è un crimine, che consiste nella distruzione intenzionale di un gruppo in quanto tale; chi nega il genocidio come interpreta le parole dei leader politici e religiosi israeliani che invocano la pulizia etnica e la cancellazione di Gaza, a partire dai suoi minori? Non ho risposta davanti al negazionismo, penso che sia molto grave, ma giudicherà la storia.
Da ultimo, Albanese conclude: «Quello che spaventa è la tradizione storica dell'Italia, che ha rappresentato un ruolo fondamentale nel sostenere un processo di pace, fatto di sicurezza per Israele e il popolo palestinese. In Italia c'è stata sempre convergenza fra estremi politici sul bisogno di avere uno Stato palestinese. Nel corso del tempo è venuta a mancare la possibilità che i palestinesi si autodeterminino, scelgano chi deve governarli. Italia e Unione Europea pensano che sostenendo l'Autorità palestinese abbiano assolto ai loro obblighi internazionali, ma non funziona così, e ce lo dice la Corte di giustizia internazionale. L'occupazione israeliana deve finire: a Gaza, in Cisgiordania, a Gerusalemme est. L'unica cosa legale che Israele può fare è smantellare le colonie e smettere di sfruttare le risorse palestinesi».
Il sindaco Vito Leccese spiega: «Bari è città operatrice di pace, da tempo ha espresso solidarietà al popolo palestinese con diverse manifestazioni. Abbiamo chiesto un cessate il fuoco già da tempo. Orgogliosi di conferire la chiavi della città a Francesca Albanese, una voce libera; è un gesto per noi simbolico, di solidarietà verso il popolo palestinese. Ancora una volta, questa sarà l'occasione per dire stop al genocidio. Polemiche del centrodestra? Il sentimento della città va nella direzione della solidarietà al popolo palestinese, a chi in questo momento muore sotto le bombe, viene affamato, ai tanti bambini morti a Gaza. Non credo assolutamente che questo conferimento possa essere divisivo: pace e solidarietà non possono dividere, ma solo unire».
Un gesto simbolico ma dal grande impatto, quello di conferire le chiavi della città di Bari a Francesca Albanese, con cui il capoluogo pugliese intende denunciare i crimini contro l'umanità perpetrati dallo Stato ebraico, e richiamare anche il governo italiano ad allinearsi ad altri governi europei nel riconoscere lo Stato di Palestina.
«Grazie alle cittadine e ai cittadini baresi, all'amministrazione, al sindaco, alle consigliere e ai consiglieri - commenta Albanese. Un grandissimo onore nei miei confronti, in un momento difficile; un atto necessario di solidarietà con il popolo palestinese. Loro ci stanno dicendo "aiutateci a fermare questo massacro"; con loro forse una minoranza di israeliani e israeliane, che si battono contro genocidio, crimini di guerra e contro l'umanità, contro l'apartheid. Abbiamo l'obbligo di rispondere, visto il silenzio inaccettabile del governo italiano e di altri governi europei».
Al nome di Francesca Albanese, nelle ultime settimane, è legato anche un gravissimo episodio, senza precedenti, vale a dire le intimidatorie sanzioni personali annunciate dal segretario di Stato americano Marco Rubio. «Non è normale che la relazione di un esperto tecnico delle Nazioni unite riceva le sanzioni più severe mai comminate a un individuo che rappresenta le Nazioni unite - dice ancora Albanese. È un'aberrazione, avrebbe dovuto esserci un moto di reazione da parte degli Stati. Qualcuno l'ha fatto, anche il Consiglio per i diritti umani, ma il fatto che l'Italia rimane silente non inganni: siamo il fanalino di coda di quel che resta del secolo scorso. Il mondo va avanti; il nuovo multilateralismo che difende il diritto internazionale, in contrapposizione a quello che gli Usa rappresentano oggi, è la lotta della legalità contro il suo contrario. I primi narratori di verità, come diceva Edward Said, sono i palestinesi che sono ancora sotto le bombe, sotto assedio, affamati. Sono i primi a raccogliere prove e testimonianze, essenziali per chi come me prova a raccontare un quadro fattuale e giuridico che ci richiama ai nostri obblighi istituzionali».
Con la sua ultima relazione, Albanese ha puntato la lente d'ingrandimento dell'Onu sulle commistioni tra il genocidio, le connivenze geopolitiche internazionali i grandi soggetti di capitale, che dallo sterminio sistematico del popolo palestinese traggono profitti macchiati di sangue. Eppure, nonostante il massacro "in diretta streaming", c'è chi (come la senatrice Segre, ma non solo) ne fa una questione terminologica, interrogandosi sull'opportunità o meno di utilizzare il concetto di "genocidio", e la parola relativa.
Una questione capziosa e oziosa, che strizza l'occhio al negazionismo. «Il termine "genocidio" è un termine come un altro, dal portato gravissimo come "crimini di guerra" e "crimini contro l'umanità", ciò che Israele commette dalla sua creazione contro il popolo palestinese - dichiara Albanese. Dal 1967 Israele mantiene un'occupazione che è fatta di crimini di guerra; ogni colonia è un crimine di guerra. Come mai si è aspettato fino al 2025 per riconoscere lo Stato di Palestina, quando la sua creazione è stata impossibilitata dalle colonie e allo spossessamento dei palestinesi stessi? Il genocidio è un crimine, che consiste nella distruzione intenzionale di un gruppo in quanto tale; chi nega il genocidio come interpreta le parole dei leader politici e religiosi israeliani che invocano la pulizia etnica e la cancellazione di Gaza, a partire dai suoi minori? Non ho risposta davanti al negazionismo, penso che sia molto grave, ma giudicherà la storia.
Da ultimo, Albanese conclude: «Quello che spaventa è la tradizione storica dell'Italia, che ha rappresentato un ruolo fondamentale nel sostenere un processo di pace, fatto di sicurezza per Israele e il popolo palestinese. In Italia c'è stata sempre convergenza fra estremi politici sul bisogno di avere uno Stato palestinese. Nel corso del tempo è venuta a mancare la possibilità che i palestinesi si autodeterminino, scelgano chi deve governarli. Italia e Unione Europea pensano che sostenendo l'Autorità palestinese abbiano assolto ai loro obblighi internazionali, ma non funziona così, e ce lo dice la Corte di giustizia internazionale. L'occupazione israeliana deve finire: a Gaza, in Cisgiordania, a Gerusalemme est. L'unica cosa legale che Israele può fare è smantellare le colonie e smettere di sfruttare le risorse palestinesi».
Il sindaco Vito Leccese spiega: «Bari è città operatrice di pace, da tempo ha espresso solidarietà al popolo palestinese con diverse manifestazioni. Abbiamo chiesto un cessate il fuoco già da tempo. Orgogliosi di conferire la chiavi della città a Francesca Albanese, una voce libera; è un gesto per noi simbolico, di solidarietà verso il popolo palestinese. Ancora una volta, questa sarà l'occasione per dire stop al genocidio. Polemiche del centrodestra? Il sentimento della città va nella direzione della solidarietà al popolo palestinese, a chi in questo momento muore sotto le bombe, viene affamato, ai tanti bambini morti a Gaza. Non credo assolutamente che questo conferimento possa essere divisivo: pace e solidarietà non possono dividere, ma solo unire».