A Bari l'incontro dei vescovi mediterranei, il professor Roccucci: «C'è tanta sete di pace»

Il relatore della terza giornata di dialoghi: «Guerre in medio oriente sono ferite aperte. Speranza cristiana è una responsabilità»

venerdì 21 febbraio 2020 11.40
«L'irrilevanza non è il destino dei cristiani. Non lo è neanche nel Mediterraneo del XXI secolo». Lo ha detto il professor Adriano Roccucci, inaugurando la terza giornata del sinodo organizzato dalla Cei "Mediterraneo, frontiera di pace", in corso al castello svevo di Bari fra vescovi e rappresentanti delle altre confessioni provenienti dai 20 paesi del bacino mediterraneo, e che si concluderà domenica con la visita di papa Francesco.

La relazione "Speranza cristiana e Mediterraneo. Le sfide di un cambiamento d'epoca" del professor Roccucci, storico e docente dell'università Roma tre, ha aperto il tema di dibattito della giornata fra gli alti prelati convenuti a Bari. «C'è sete di pace nel Mediterraneo ferito da troppi conflitti - ha rimarcato Roccucci. La pace ha bisogno di dialogo e di amicizia, di costruire ponti e superare i muri della divisione e dell'odio. Nel mondo globale, in un Mediterraneo abitato da donne e uomini spesso dominati dalla paura, la speranza cristiana è un'urgenza e una responsabilità».

Roccucci ha, poi, sottolineato il ritorno del "Mare nostrum" al centro degli assi commerciali e sociali nella realtà globale contemporanea. «Il Mediterraneo negli ultimi anni è tornato a essere un quadrante cruciale per le dinamiche del mondo globale - prosegue il relatore. L'orientamento degli assi del mondo verso l'Asia ha restituito al Mediterraneo una rilevanza che si era andata perdendo con lo spostamento sull'Atlantico del baricentro del mondo occidentale. È il parziale recupero della centralità antica di un mare e di un'area geopolitica e culturale che costituiscono un crocevia tra Europa, Asia e Africa, un ambito di interazione tra i tre continenti. Parlare di Mediterraneo vuol dire confrontarsi con un universo molteplice. Per la sua vicenda storica, per la sua collocazione geopolitica, per il suo profilo culturale, per il suo tessuto religioso, il Mediterraneo è plurale».

Una pluralità, sostiene Roccucci, messa in discussione dai nazionalismi del '900, i cui riverberi sono forti anche oggi. «Guerre, stermini, deportazioni, espulsioni di popolazioni, in sostanza le differenti misure di pulizia etnica adottate nel secolo scorso hanno scompaginato il quadro di convivenza secolare del Mediterraneo - continua. Le dinamiche globali, tuttavia, hanno avviato tra XX e XXI secolo processi generatori di nuove forme di convivenza, come quelle provocate dai movimenti migratori, sia nei paesi della sponda nord che in quelli della sponda sud».

Riflessione finale sul dramma delle guerre in corso nei paesi mediterranei e sui cristiani che hanno pagato con la vita il tentativo di riportare la pace: «Nel cambiamento d'epoca nel quale siamo immersi, le guerre sembrano accanirsi su tanti popoli dell'area mediterranea. Antichi e nuovi antagonismi, progetti di espansione di aree di influenza, strategie di egemonia geopolitica, piani concorrenziali di sfruttamento delle risorse energetiche hanno ripreso a confrontarsi. Situazioni conflittuali maturate all'interno di diversi paesi si sono tramutate in guerre lunghe e sanguinose, coinvolgendo attori regionali e potenze globali. La Siria, l'Iraq, la Libia rappresentano ferite aperte e dolorosissime per il Mediterraneo all'inizio di questo nuovo decennio. La violenza terribile e cieca del terrorismo ha accompagnato queste guerre e ha colpito tante vite innocenti, tra le quali, oltre a quelle di credenti musulmani ed ebrei, quelle di numerosi cristiani caduti vittime di atti vigliacchi e insensati. Molti sono stati i cristiani rapiti, di non pochi dei quali non si sono avute più notizie. Tra loro vorrei ricordare i due metropoliti di Aleppo, Mar Gregorios Ibrahim e Paul Yazigi, e padre Paolo Dall'Oglio», conclude Roccucci.