Patrimonio di 15 milioni e un capannone in provincia di Bari, scatta il sequestro al re della droga

La lente d'ingrandimento della polizia di Stato finisce un uomo milanese classe 1973, noto esponente del narcotraffico lombardo

venerdì 24 luglio 2020 12.42
Più di 15 milioni di euro, suddivisi in banconote di piccolo taglio, e un fabbricato commerciale in provincia di Bari: è questo il patrimonio sequestrato da personale della divisione anticrimine della Questura di Milano, con la collaborazione di personale della Questura di Bari, a carico di Francesco Massimiliano Cauchi (classe 73), noto esponente del narcotraffico milanese.

Il sequestro antimafia - adottato dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano, su proposta congiunta del Questore di Milano e del procuratore distrettuale antimafia - ha tratto spunto dall'operazione Flashback della squadra mobile, che ha riguardato un'associazione dedita al traffico di grandi quantitativi di hashish dal Marocco, riversati sul mercato della droga dell'hinterland milanese. Nell'ambito dell'operazione, a carico di Cauchi sono stati rinvenuti quasi 16 milioni di euro in contanti, occultati in un'intercapedine muraria nell'abitazione di suo padre.

A seguito del sequestro, sono state avviate le indagini patrimoniali da parte degli specialisti della divisione anticrimine della Questura, che hanno riscontrato un'incolmabile sproporzione tra i redditi dichiarati da Cauchi e il suo tenore di vita, accertando che quei soldi costituiscono gli enormi profitti illeciti accumulati dal narcotrafficante.

Le indagini patrimoniali hanno permesso inoltre di ricondurre nella sfera di disponibilità del soggetto, non solo il denaro contante trovato nella casa del padre, ma anche un capannone industriale in provincia di Bari, il cui valore catastale - di circa 300mila euro - è di per sé da solo superiore all'insieme dei redditi dichiarati nel corso della vita dal trafficante. Tali redditi, in realtà, non gli sarebbero neppure bastati a sostenere le spese di vita quotidiana.

A seguito del sequestro, Cauchi è ora chiamato a dimostrare la provenienza lecita dei beni e, se non riuscirà a dimostrarla, il provvedimento diventerà confisca; in tal modo lo Stato acquisirà la titolarità dei beni sequestrati, ripulendo il mercato dai capitali sospetti, reimpiegandoli in finalità sociali, nell'interesse della collettività.