Tumore alla colecisti, i ricercatori di Castellana scoprono come bloccare le cellule malate

Pubblicato uno studio relativo alla fase preclinica. Come prima firma compare una giovane precaria

mercoledì 12 febbraio 2020 12.08
Per chi non è esperto della materia la definizione potrebbe sembrare incomprensibile: "via del segnale mediata da Notch". Si tratta di uno dei canali di trasmissione delle informazioni che normalmente riceve una cellula per orientare il suo futuro, che però ricopre anche un ruolo chiave nella diffusione dei tumori. Accade anche nel colangiocarcinoma (CCA) - di cui oggi ricorre la giornata mondiale - che attaccando la colecisti, è uno dei più aggressivi: inoperabile, privo di terapie che prolunghino la sopravvivenza dei pazienti, letale in pochi mesi. Ed è in quest'ambito, approfondendo i meccanismi molecolari alla base della sua elevata malignità, che i ricercatori dell'Irrcs de Bellis di Castellana hanno per la prima volta dimostrato come un recente farmaco sperimentale sia in grado di bloccare questa ricezione di informazioni e inibire l'aggressività del colangiocarcinoma: bloccando - è questo è il cuore della scoperta - la neoangiogenesi tumorale, vale a dire la formazione di nuovi vasi sanguigni indispensabili anche per la vita delle cellule tumorali. In pratica, tagliando loro i rifornimenti.

Dopo oltre quattro anni di lavoro, e grazie a oltre 500mila euro legati in gran parte a un progetto di ricerca Airc, i risultati della ricerca sono appena stati descritti - almeno per questo ambito applicativo - in un articolo scientifico pubblicato dalla rivista internazionale Cell Death and Differentiation (appartenente al Nature Publishing Group) dal titolo "Crenigacestat, a selective NOTCH1 inhibitor, reduces intrahepatic cholangiocarcinoma progression by blocking VEGFA/DLL4/MMP13 axis".

Sebbene si tratti di una ricerca preclinica, i modelli altamente innovativi per la prima volta impiegati e descritti in questo ambito hanno previsto l'uso di materiale umano (Patient Derived Xenograft). I risultati, confermati da ulteriori studi bioinformatici su dati nell'uomo, fanno ben sperare per un futuro impiego di questo approccio terapeutico in studi clinici.

Un prestigioso riconoscimento per il lavoro svolto dai ricercatori coinvolti, in particolare da Serena Mancarella, tra l'altro ricercatrice precaria, coadiuvata poi da Grazia Serino e Francesco Dituri, recentemente stabilizzati mediate lo strumento della "piramide della ricerca".

«Una ricerca condotta interamente al de Bellis, che si apre al filone delle neoplasie gastroenteriche - commenta il direttore scientifico Gianluigi Giannelli - eccezionale per impegno, sacrificio e abnegazione dei ricercatori coinvolti e che ha visto nel corso degli anni intessere importati collaborazioni internazionali come quella, sul tema, con la Mayo Clinic. Il messaggio da diffondere è proprio questo: oggi fare ricerca nella propria terra è possibile in centri di eccellenza come il de Bellis, che crede fortemente nei giovani ricercatori, formandoli, inserendoli in network scientifici internazionali, dando loro la possibilità di confrontarsi con i migliori al mondo per portare le acquisizioni all'interno della comunità scientifica dell'Ente. Questo è il caso della dottoressa Mancarella, che ha fatto esperienza negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, o del dottor Dituri, anche lui formatosi in Gran Bretagna, entrambi oggi orgogliosi di poter lavorare con eccellenti risultati in Puglia».

Il direttore generale dell'istituto, Tommaso Stallone, fa eco: «Il continuo miglioramento della produzione scientifica si innesca nella crescita dell'Istituto, su tutti i fronti; non ultimo, anche nel costante miglioramento della gestione finanziaria, tema di grande importanza in Puglia. Il de Bellis, in linea con le direttive emanate dalla Regione, ha infatti concluso l'esercizio 2019 con una riduzione della spesa farmaceutica ed un miglioramento del bilancio, che premia il lavoro silenzioso di tutto l'ente».