Popolare di Bari, i sindacati all'attacco: «No al piano da 900 esuberi»

Sull'argomento interviene anche Domenico De Santis: «Licenziamenti inaccettabili specie dopo salvataggio dello Stato»

lunedì 27 aprile 2020 19.47
A cura di La Redazione
La vicenda della Banca Popolare di Bari continua a tenere banco anche in tempo di emergenza Covid. Pochi giorni fa la presentazione di un piano industriale in cui si parla di 900 esuberi (600 in rete, 300 in direzione) con la chiusura di 94 filiali e la conseguente esternalizzazione di diverse attività, oltre ad una rivisitazione della contrattazione integrativa ed un intervento sulla previdenza complementare.

Un piano che non soddisfa affatto i sindacati che in una nota congiunta sottolineano la loro contrarietà. «Dopo avere sbandierato solo a parole una seria discontinuità rispetto agli errori ed alla cattiva gestione della Famiglia accompagnata e circondata da un management colpevole ed inadeguato - scrivono Fabi, First Cisl, Fisac Cgil, Uilca e Unisin - dopo aver spostato in questi mesi lavorazioni tra le varie sedi delle D.G. senza alcun confronto sindacale, quello che ci viene presentato oggi è la più fallimentare ed obsoleta ricetta con cui la storia del nostro Paese e del Mezzogiorno in particolare si trova a confrontarsi ogni volta che si devono affrontare questi problemi».

«Non può essere e non sarà questa la base di partenza della trattativa - aggiungono - perché dietro allo snocciolare dei gelidi numeri ci sono i volti e le storie delle lavoratrici e dei lavoratori della Banca Popolare di Bari. Non saranno accettati tagli indiscriminati e nemmeno riduzioni del personale che non prevedano il ricorso a strumenti previsti nel nostro settore, fermo restando il requisito della volontarietà. Vogliamo un progetto credibile perché non è pensabile che le lavoratrici ed i lavoratori possano essere immaginati all'interno di un contenitore senza alcun progetto e senza futuro».

«Non ci sottrarremo al confronto - concludono - Diciamo basta a giochi di potere che calpestano i diritti e la dignità delle persone coinvolte. Questa proposta non può quindi essere accettata in quanto non tiene conto delle responsabilità del disastro in cui versa la banca, delle politiche europee di investimento per il rilancio e il riallineamento del Meridione d'Italia al resto del Paese, né dei sacrifici fin profusi; inoltre non delinea le politiche strategiche future, non è accompagnata da un Piano Industriale e restituisce un futuro pieno di incognite».

E in merito è intervenuto oggi anche Domenico De Santis, consigliere politico del Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. «Concordo con i sindacati - sottolinea - lo Stato ha salvato la banca con 900 milioni, per cui i 900 licenziamenti sono inaccettabili. La Popolare è la banca storica della città, in questo momento di crisi non sta svolgendo appieno il suo ruolo di vicinanza al mondo delle imprese e ai suoi correntisti, in più non può permettersi oltre al danno anche la beffa di mandare a casa una parte dei suoi collaboratori».