Quattro studentesse del Politecnico di Bari salveranno il Convento di Ostuni?
Le giovani provenienti da Architettura immaginano una scuola di restauro nel rispetto dell'antico. Prof. de Cadilhac :"Ci sono diverse forme di degrado come i cattivi restauri"
giovedì 5 dicembre 2019
Una nuova visione per l'ex convento dei Padri Carmelitani di Ostuni potrebbe arrivare da Bari. Dopo un'approfondita ricerca storica, analisi di rilievo e indagini strutturali, l'idea di quattro studentesse del corso di laurea in architettura è di creare una "Scuola di Alta Formazione in Restauro, Conservazione e Lavorazione dei Materiali Lapidei" perché legata alla tradizione delle costruzioni a secco e perché è importante ristabilire uno storico dialogo tra la Chiesa Maria Santissima del Monte Carmelo di Ostuni, che ancora svolge la sua funzione, e l'ex convento costruito nella seconda metà del 1400, oggi in stato di abbandono. Si tratta di un'importante testimonianza storica, che ha vissuto innumerevoli vicende - dalla dominazione aragonese, alle due guerre mondiali - non indifferente, tuttavia in silenzio ormai da trent'anni e in attesa di una rinascita. Proprio la sua storia non è passata inosservata alle quattro studentesse Roberta Lamorgese, Antonella Magistro, Angela Pepe e Francesca Strippoli, allieve del quarto anno di architettura, che nell'ambito del laboratorio annuale di restauro architettonico 2018-2019, quest'anno dedicato alle architetture degli ordini mendicanti di Puglia, hanno affrontato il caso emblematico di Ostuni. Come si ricorderà, Ostuni ha avuto storicamente particolare importanza per l'ordine mendicante dei carmelitani in Puglia. Esso si inserisce, storicamente, in quel circuito di presidio presente a Brindisi, Barletta, Lecce, Trani, Bitonto, Morciano di Leuca. L'ex convento nella seconda metà dell'Ottocento è stato orfanotrofio femminile e proprio nella seconda guerra mondiale ha ospitato le truppe di passaggio. I lavori di studio e di ricerca sono stati guidati dall'architetto Maria Antonietta Catella con la supervisione della prof. Rossella de Cadilhac, docente di Restauro Architettonico presso il dICAR del Politecnico di Bari.
"La separazione fra chiesa e convento -spiega Rossella de Cadilhac - è riconducibile alle soppressioni degli ordini religiosi, prima quella Napoleonica del 1809 e poi dello Stato Italiano del 1861 che hanno comportato l'allontanamento della comunità dei religiosi, lo smembramento del complesso conventuale, con l'assegnazione della chiesa alla diocesi di Brindisi-Ostuni e del convento all'amministrazione comunale. Da allora, nonostante sia stato adibito ad orfanotrofio, il convento non ha più svolto la funzione originaria di ospitare una fraternità fortemente legata alla vita Ostunese. L'obiettivo del progetto che proponiamo è quello di riannodare il legame con la storia e con la collettività di Ostuni attraverso l'istituzione di una scuola di alta formazione per il restauro dei manufatti lapidei".
Prima di giungere alla proposta di rinnovata fruizione, che è la condizione per rendere vitale il complesso conventuale, sono state analizzate le molteplici forme di degrado, in particolare quali sono le condizioni attuali del dell'ex convento?
"Abbiamo riscontrato diverse forme di degrado - continua Rossella de Cadilhac - da quelle causate dall'azione degli agenti atmosferici, alle anomalie strutturali, alle manipolazioni imputabili a cattivi restauri che dovrebbero essere arginati con interventi che siano attenti e scrupolosi, nel rispetto dell'identità del convento. Fra i degradi di natura antropica si segnala l'intrusione di strutture intelaiate in calcestruzzo armato, decisamente improprie sia dal punto di vista dei materiali impiegati, sia della concezione strutturale, sia degli aspetti formali. Sono porzioni di fabbrica che dovrebbero essere invece riformulate sostituendole con volumi più congrui da realizzare ricorrendo a materiali e tecniche costruttive tradizionali pur non rinunciando alla capacità espressiva del linguaggio architettonico contemporaneo, che deve comunque mantenere sempre il rispetto della preesistenza in nome della continuità con la storia".
Nel 2013 il Comune di Ostuni affidò ad una società privata di Bari i lavori di restauro, risanamento conservativo e successiva gestione ma d'allora nulla è cambiato. E' stata elaborata così una proposta di conservazione, nel rispetto della materia antica e delle stratificazioni storiche, eliminando le parti aggiunte nel tempo ritenute incongrue, in alcuni casi sostituite con aggiunte maggiormente rispettose delle preesistenze. In seguito, è stata ipotizzata una valorizzazione consona all'antica vocazione dei luoghi e volta ad un rinnovato uso per una fruizione pubblica rispettosa dell'antica distribuzione, allo scopo di ristabilire l'originario rapporto dialogico e organico tra la chiesa ed il complesso conventuale.
"Il legame con il territorio - dichiara Rossella de Cadilhac - può essere riconquistato puntando sulla forte tradizione della lavorazione della pietra in Terra d'Otranto con particolare riguardo alla lavorazione della pietra cavata nei distretti di Fasano e di Ostuni. Riscoprire e rilanciare gli antichi mestieri della tradizione locale, come quello della lavorazione della pietra, significa rafforzare il legame con il passato creando le premesse per un rinnovato futuro. Riscoprire l'antica sapienza costruttiva significa salvaguardare il forte carattere identitario del luogo che può diventare motivo di sviluppo e promozione culturale di un intero territorio. Il convento, che per motivi legati alla scarsità di vocazioni non potrà più ospitare una qualsivoglia comunità religiosa, potrà accogliere al piano nobile una scuola di alta formazione per la lavorazione della pietra e il restauro dei manufatti lapidei, senza stravolgimento alcuno dell'antica tipologia; mentre al piano terra il monumento potrà aprirsi alla comunità ostunese confermando la vocazione d'uso collettivo di alcuni ambienti, come l'antico refettorio che potrà diventare un caffè letterario e gli ambienti notevoli, come la cappella, o le stanze poste in contiguità con la chiesa, che potranno essere adibiti a mostre temporanee o mostre permanenti. Un percorso continuo che guiderà un itinerario di visita all'interno del complesso monumentale avrà il compito di legare chiesa e convento guidando il visitatore alla scoperta di spazi pluristratificati".
Il lavoro di ricerca e l'idea di questo nuovo progetto è stato presentato proprio ad Ostuni lo scorso 20 novembre in occasione della conferenza "Il quadro delle conoscenze per un consapevole progetto di restauro" proprio presso la chiesa di Santa Maria del Carmelo. Presenti le istituzioni che si sono mostrate interessate al progetto.
Che cos'è successo poi e quali sono state le conclusioni di questa giornata?
"Erano presenti - conclude Rossella de Cadilhac - il Priore della Confraternita Domenico Palmieri, il sindaco Guglielmo Cavallo, gli assessori e l'avvocato Gian Michele Pavone. Abbiamo riscontrato una grande disponibilità all'ascolto relativamente alle tematiche che sono state esposte, con particolare riguardo alla scelta della nuova destinazione d'uso da attribuire al convento, il quale non può essere concepito come un indifferente contenitore di una qualsivoglia funzione. Infatti, nella scelta di una rinnovata fruizione bisogna prendere in seria considerazione gli aspetti legati all'identita' del convento che non può essere accantonata in nome di intenti di carattere speculativo".
Adesso bisogna attendere la decisione dell'amministrazione comunale che dopo questo incontro si è dimostrata interessata all'avvio di ulteriori progetti di ricerca che possono riguardare altri complessi conventuali, particolarmente numerosi ad Ostuni. Per il convento dei Carmelitani bisogna capire quale sarà la ricaduta operativa della ricerca, la quale ha contribuito alla costruzione di un quadro delle conoscenze, momento fondamentale in quanto propedeutico a qualunque intervento di conservazione e valorizzazione. Tutto dipenderà dagli orientamenti che l'amministrazione vorrà assumere nel corso del tempo. Questo studio è stato utile a dare delle linee di indirizzo per orientare consapevolmente un progetto di restauro, nella speranza che queste possano essere accolte.
"La separazione fra chiesa e convento -spiega Rossella de Cadilhac - è riconducibile alle soppressioni degli ordini religiosi, prima quella Napoleonica del 1809 e poi dello Stato Italiano del 1861 che hanno comportato l'allontanamento della comunità dei religiosi, lo smembramento del complesso conventuale, con l'assegnazione della chiesa alla diocesi di Brindisi-Ostuni e del convento all'amministrazione comunale. Da allora, nonostante sia stato adibito ad orfanotrofio, il convento non ha più svolto la funzione originaria di ospitare una fraternità fortemente legata alla vita Ostunese. L'obiettivo del progetto che proponiamo è quello di riannodare il legame con la storia e con la collettività di Ostuni attraverso l'istituzione di una scuola di alta formazione per il restauro dei manufatti lapidei".
Prima di giungere alla proposta di rinnovata fruizione, che è la condizione per rendere vitale il complesso conventuale, sono state analizzate le molteplici forme di degrado, in particolare quali sono le condizioni attuali del dell'ex convento?
"Abbiamo riscontrato diverse forme di degrado - continua Rossella de Cadilhac - da quelle causate dall'azione degli agenti atmosferici, alle anomalie strutturali, alle manipolazioni imputabili a cattivi restauri che dovrebbero essere arginati con interventi che siano attenti e scrupolosi, nel rispetto dell'identità del convento. Fra i degradi di natura antropica si segnala l'intrusione di strutture intelaiate in calcestruzzo armato, decisamente improprie sia dal punto di vista dei materiali impiegati, sia della concezione strutturale, sia degli aspetti formali. Sono porzioni di fabbrica che dovrebbero essere invece riformulate sostituendole con volumi più congrui da realizzare ricorrendo a materiali e tecniche costruttive tradizionali pur non rinunciando alla capacità espressiva del linguaggio architettonico contemporaneo, che deve comunque mantenere sempre il rispetto della preesistenza in nome della continuità con la storia".
Nel 2013 il Comune di Ostuni affidò ad una società privata di Bari i lavori di restauro, risanamento conservativo e successiva gestione ma d'allora nulla è cambiato. E' stata elaborata così una proposta di conservazione, nel rispetto della materia antica e delle stratificazioni storiche, eliminando le parti aggiunte nel tempo ritenute incongrue, in alcuni casi sostituite con aggiunte maggiormente rispettose delle preesistenze. In seguito, è stata ipotizzata una valorizzazione consona all'antica vocazione dei luoghi e volta ad un rinnovato uso per una fruizione pubblica rispettosa dell'antica distribuzione, allo scopo di ristabilire l'originario rapporto dialogico e organico tra la chiesa ed il complesso conventuale.
"Il legame con il territorio - dichiara Rossella de Cadilhac - può essere riconquistato puntando sulla forte tradizione della lavorazione della pietra in Terra d'Otranto con particolare riguardo alla lavorazione della pietra cavata nei distretti di Fasano e di Ostuni. Riscoprire e rilanciare gli antichi mestieri della tradizione locale, come quello della lavorazione della pietra, significa rafforzare il legame con il passato creando le premesse per un rinnovato futuro. Riscoprire l'antica sapienza costruttiva significa salvaguardare il forte carattere identitario del luogo che può diventare motivo di sviluppo e promozione culturale di un intero territorio. Il convento, che per motivi legati alla scarsità di vocazioni non potrà più ospitare una qualsivoglia comunità religiosa, potrà accogliere al piano nobile una scuola di alta formazione per la lavorazione della pietra e il restauro dei manufatti lapidei, senza stravolgimento alcuno dell'antica tipologia; mentre al piano terra il monumento potrà aprirsi alla comunità ostunese confermando la vocazione d'uso collettivo di alcuni ambienti, come l'antico refettorio che potrà diventare un caffè letterario e gli ambienti notevoli, come la cappella, o le stanze poste in contiguità con la chiesa, che potranno essere adibiti a mostre temporanee o mostre permanenti. Un percorso continuo che guiderà un itinerario di visita all'interno del complesso monumentale avrà il compito di legare chiesa e convento guidando il visitatore alla scoperta di spazi pluristratificati".
Il lavoro di ricerca e l'idea di questo nuovo progetto è stato presentato proprio ad Ostuni lo scorso 20 novembre in occasione della conferenza "Il quadro delle conoscenze per un consapevole progetto di restauro" proprio presso la chiesa di Santa Maria del Carmelo. Presenti le istituzioni che si sono mostrate interessate al progetto.
Che cos'è successo poi e quali sono state le conclusioni di questa giornata?
"Erano presenti - conclude Rossella de Cadilhac - il Priore della Confraternita Domenico Palmieri, il sindaco Guglielmo Cavallo, gli assessori e l'avvocato Gian Michele Pavone. Abbiamo riscontrato una grande disponibilità all'ascolto relativamente alle tematiche che sono state esposte, con particolare riguardo alla scelta della nuova destinazione d'uso da attribuire al convento, il quale non può essere concepito come un indifferente contenitore di una qualsivoglia funzione. Infatti, nella scelta di una rinnovata fruizione bisogna prendere in seria considerazione gli aspetti legati all'identita' del convento che non può essere accantonata in nome di intenti di carattere speculativo".
Adesso bisogna attendere la decisione dell'amministrazione comunale che dopo questo incontro si è dimostrata interessata all'avvio di ulteriori progetti di ricerca che possono riguardare altri complessi conventuali, particolarmente numerosi ad Ostuni. Per il convento dei Carmelitani bisogna capire quale sarà la ricaduta operativa della ricerca, la quale ha contribuito alla costruzione di un quadro delle conoscenze, momento fondamentale in quanto propedeutico a qualunque intervento di conservazione e valorizzazione. Tutto dipenderà dagli orientamenti che l'amministrazione vorrà assumere nel corso del tempo. Questo studio è stato utile a dare delle linee di indirizzo per orientare consapevolmente un progetto di restauro, nella speranza che queste possano essere accolte.