
Incontro tra H&M e i sindacati, nulla di fatto per il negozio di Bari
Confermata la volontà della chiusura del punto vendita, UilTucs: «L’azienda è rimasta sul vago, mettendo sul tavolo solo ipotesi»
martedì 28 aprile 2020
18.07
«L'azienda faccia chiarezza e dica quali sono i reali motivi che hanno portato alla comunicazione della chiusura del punto vendita H&M di Bari. Intanto, stiamo provvedendo a inoltrare a Regione Puglia e Comune di Bari la richiesta di attivazione di un tavolo istituzionale per monitorare la vertenza e studiare soluzioni per scongiurare l'addio del marchio al capoluogo e comunque per la salvaguardia dei livelli occupazionali».
Giuseppe Zimmari, segretario generale della UilTucs Puglia e Marco Dell'Anna, segretario regionale della categoria, commentano così l'esito della riunione con i rappresentanti aziendali di H&M, che venerdì scorso ha annunciato la chiusura del punto vendita barese di via Sparano, nel quale sono impiegati 50 lavoratori, di cui 37 a tempo indeterminato. Una riunione che i due sindacalisti definiscono "troppo fumosa".
«L'azienda - spiegano - è rimasta sul vago, mettendo sul tavolo solo ipotesi, come quella rendere disponibili 61 posizioni lavorative in punti vendita sparsi per l'Italia a favore di una parte dei lavoratori in esubero, che in tutta Italia sono 138. Ma la domanda principale resta: perché chiudere? Sicuramente i motivi economici sono da escludere, considerato che dalle informazioni in nostro possesso il negozio nel 2019 ha avuto una progressione positiva che ha consentito di chiudere il bilancio in pareggio. Forse i costi fissi sono eccessivi? Magari il problema risiede nel costo del personale? Lo dicano chiaramente, altrimenti avviare una trattativa e cercare vie d'uscita per tutelare tante famiglie che da un giorno all'altro si sono ritrovate in mezzo a una strada diventerà impresa ardua».
«La nostra posizione, intanto - continuano Zimmari e Dell'Anna - non cambia: H&M a Bari deve restare aperto, in quanto esistono le condizioni per continuare l'attività. All'azienda, che rivedremo il prossimo 2 maggio, chiediamo trasparenza e, magari, di tornare a sedersi al tavolo delle trattative con proposte e spiegazioni plausibili: 50 persone attendono risposte concrete e pretendono correttezza, specie in un momento come l'attuale, contraddistinto da una crisi violenta e da un'emergenza sanitaria epocale, che non offre certo spiragli di ottimismo dal punto di vista delle prospettive occupazionali».
Giuseppe Zimmari, segretario generale della UilTucs Puglia e Marco Dell'Anna, segretario regionale della categoria, commentano così l'esito della riunione con i rappresentanti aziendali di H&M, che venerdì scorso ha annunciato la chiusura del punto vendita barese di via Sparano, nel quale sono impiegati 50 lavoratori, di cui 37 a tempo indeterminato. Una riunione che i due sindacalisti definiscono "troppo fumosa".
«L'azienda - spiegano - è rimasta sul vago, mettendo sul tavolo solo ipotesi, come quella rendere disponibili 61 posizioni lavorative in punti vendita sparsi per l'Italia a favore di una parte dei lavoratori in esubero, che in tutta Italia sono 138. Ma la domanda principale resta: perché chiudere? Sicuramente i motivi economici sono da escludere, considerato che dalle informazioni in nostro possesso il negozio nel 2019 ha avuto una progressione positiva che ha consentito di chiudere il bilancio in pareggio. Forse i costi fissi sono eccessivi? Magari il problema risiede nel costo del personale? Lo dicano chiaramente, altrimenti avviare una trattativa e cercare vie d'uscita per tutelare tante famiglie che da un giorno all'altro si sono ritrovate in mezzo a una strada diventerà impresa ardua».
«La nostra posizione, intanto - continuano Zimmari e Dell'Anna - non cambia: H&M a Bari deve restare aperto, in quanto esistono le condizioni per continuare l'attività. All'azienda, che rivedremo il prossimo 2 maggio, chiediamo trasparenza e, magari, di tornare a sedersi al tavolo delle trattative con proposte e spiegazioni plausibili: 50 persone attendono risposte concrete e pretendono correttezza, specie in un momento come l'attuale, contraddistinto da una crisi violenta e da un'emergenza sanitaria epocale, che non offre certo spiragli di ottimismo dal punto di vista delle prospettive occupazionali».