Agromafie: Bari al decimo posto in Italia. Ecco la fotografia di Coldiretti sui terreni in mano alla criminalità

Nel capoluogo pugliese le fattispecie criminose più significative sono costituite dalla sofisticazione dell’ortofrutta e dell’olio

mercoledì 21 marzo 2018 14.26
La provincia di Bari è al decimo posto nella top ten della graduatoria italiana che fotografa l'intensità del fenomeno delle agromafie nelle ex province. Il capoluogo pugliese è seguito a ruota da Taranto al 15esimo, dalla provincia di Barletta-Andria-Trani al 18esimo posto, da Lecce al 28esimo, Brindisi e Foggia al 46esimo e 47esimo posto. Sono i dati del quinto Rapporto sulle Agromafie elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell'agricoltura presentato oggi da Coldiretti Puglia in occasione della XXIII Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie che si è svolto a Foggia. La contraffazione, la falsificazione e l'imitazione del Made in Italy alimentare nel mondo ha raggiunto un fatturato di 21,8 miliardi di euro, dato evidentemente in crescita rispetto ai 16 miliardi dell'anno precedente. "Lo scenario 'evolutivo' delle agromafie - denuncia il Presidente di Coldiretti Puglia, Gianni Cantele - è drammaticamente dilagante. Le agromafie vanno contrastate nei terreni agricoli, nelle segrete stanze in cui si determinano in prezzi, nell'opacità della burocrazia, nella fase della distribuzione di prodotti che percorrono migliaia di chilometri prima di giungere al consumatore finale, ma anche con la trasparenza e l'informazione dei cittadini che devono poter conoscere la storia del prodotto che arriva nel piatto".
Sempre secondo il Rapporto Agromafie i ruoli si invertono se ad essere fotografato è l'indice di permeabilità delle agromafie che raggiunge 100 a Foggia, 66,80 a Brindisi, 44,75 nella BAT, 34,56 a Taranto, 30,75 a Bari e, infine, 25,94 a Lecce. A Bari le fattispecie criminose più significative sono costituite dalla sofisticazione, soprattutto dell'ortofrutta e dell'olio.
Il falso Made in Italy a tavola colpisce in misura diversa tutti i diversi prodotti, dai salumi alle conserve, dal vino ai formaggi ma anche extravergine, sughi o pasta e riguarda tutti i continenti.
"Deleteria la secretazione dei dati relativi alle importazioni dei prodotti agricoli importati, di cui non si può conoscere la destinazione finale –aggiunge il direttore di Coldiretti Puglia, Angelo Corsetti - un evidente ostacolo ad una efficace opera di contrasto del fenomeno dell'agropirateria, neologismo coniato proprio da Coldiretti per descrivere una pratica criminale che si sviluppa attraverso le importazioni, la manipolazione e la trasformazione di prodotti agricoli di dubbia qualità e provenienza che giungono nel nostro Paese e che diventano made in Italy".
Si stima che siano coltivati o allevati all'estero oltre il 30% dei prodotti agroalimentari acquistati dai consumatori, con un deciso aumento negli ultimi decenni delle importazioni da paesi extracomunitari dove non valgono gli stessi diritti sociali dell'Unione Europea. Riso, conserve di pomodoro, olio d'oliva, ortofrutta fresca e trasformata, zucchero di canna, rose, olio di palma, sono solo alcuni dei prodotti stranieri che arrivano in Italia che sono spesso il frutto di un "caporalato invisibile" che passa inosservato solo perché avviene in Paesi lontani, dove viene sfruttato il lavoro minorile, che riguarda in agricoltura circa 100 milioni di bambini secondo l'Organizzazione Internazionale del Lavoro. Dei 26.200 terreni su tutto il territorio nazionale nelle mani di soggetti condannati in via definitiva per reati che riguardano, tra l'altro, l'associazione a delinquere di stampo mafioso e la contraffazione, in Puglia ben 2.489 (il 9,5%) sono in mano alla mafia, anche perché il processo di sequestro, confisca e destinazione dei beni di provenienza mafiosa si presenta lungo e confuso, spesso non efficace e sono numerosi i casi in cui i controlli hanno rilevato che alcuni beni, anche confiscati definitivamente, sono di fatto ancora nella disponibilità dei soggetti mafiosi. Sempre secondo il Rapporto Agromafie che tra i 20 ed i 25 miliardi di euro vengono sprecati per il mancato utilizzo dei beni confiscati sulla base delle stime dall'Istituto nazionale degli amministratori giudiziari (Inag). In Puglia, dunque, vanno inutilmente in fumo tra l'1,9 e i 2,37 miliardi di euro a causa di inadempienze, procedure farraginose, lungaggini burocratiche. La Dia ha avviato un monitoraggio e i report che ne raccolgono i risultati denunciano molte irregolarità con moltissimi beni che risultano ancora occupati o dai mafiosi stessi o da loro parenti e prestanome. Impressionanti i dati relativi ai furti di olive e alberi nelle campagne pugliesi un fenomeno che preoccupa e non poco che colpisce soprattutto gli imprenditori olivicoli di Bari e della BAT, vittime di razzie di olive ad opera di squadre organizzate che riescono a raccogliere in meno di 30 minuti anche 60 chilogrammi di prodotto che valgono circa 100 euro. Al furto di olive si associa anche quello delle attrezzature. L'intensità dell'associazionismo criminale è elevata nel Mezzogiorno, ma il grado di penetrazione è forte e stabile anche al Centro e al Nord. Si denota una forte presenza di tipo associazionistico anche sul versante adriatico (Pescara: 71,4; Foggia: 67,4; Brindisi: 51,6) e risulta elevata la numerosità delle province pugliesi: Barletta-Andria-Trani (40,9), Bari (40,9), Taranto (39,4) e Lecce (37,4).